Logbook 76 – Montagne valdostane

Profondamente diversi ma coetanei, erano nati entrambi negli anni ‘20. Pino Crespi, notaio, avvocato, libraio, assessore indimenticato e indimenticabile della Cultura a Courmayeur, ligure di origine ma valdostano per antiche frequentazioni e Don Luigi Garino, vecchio prete di montagna, canonico della Cattedrale di Aosta, piemontese ma anche lui valdostano da molto presto. Due vite che si incrociarono alla fine del loro percorso, prendendo sotto la loro esigente ala protettiva un giovane e sprovveduto direttore della Rai regionale che, per non farsi mancare nulla, arrivava pure da Roma.

Erano entrambi un riferimento per cose fondamentali e molto meno fondamentali, con una ferma attenzione sempre e comunque ai dettagli, qualsiasi essi fossero. Una volta Pino Crespi considerò una offesa personale, retta comunque con molto affetto, vedere la fascia dello smoking del suo imbranatissimo interlocutore con le pieghe al contrario (verso il basso e non verso l’alto). Non era peraltro difficile incontrarlo in partenza verso Saint Moritz, da solo in auto, perché “come fanno il maiale in salsa bernese lì” e aveva lo sguardo felice. Conosceva la vita, i grandi dolori e i piccoli piaceri che poteva riservare e non ne avrebbe perso nessuno perché era vita e la vita si vive fino in fondo.

Don Garino invece amava talvolta qualificarsi come cappellano dei miscredenti e in fondo lo era realmente. La definizione gli era stata data da un vescovo ma lui se ne era appropriato con convinzione. Aveva il senso della polemica intelligente e spietata e si riusciva, nei giorni migliori, a discutere con lui dopo appena pochi secondi dall’averlo incrociato. Meglio non averlo contro, soprattutto se si trattava di qualche maltollerato incapace funzionario della Sovrintendenza ai Beni Artistici, perchè allora diventava pericoloso e tagliente.

In comune loro due avevano la saggezza antica e l’amore per la vita, sapendole sorridere – la conoscevano bene sia nelle sue luci che nelle sue ombre – e il loro sorriso era di chi ha capito le regole del gioco e le guarda con molto affetto, una certa simpatia e forse un pizzico di raggiunta superiorità. 

Amavano entrambi moltissimo le montagne valdostane. Uno era ufficiale degli alpini, l’altro già da giovanissimo  era stato parroco in piccoli paesini arrampicati sotto i ghiacciai Con la montagna avevano un rapporto di familiarità e di confidente rispetto. Pronti alla discussione, apprezzavano quelle senza esclusioni di colpi – purché ci fosse intelligenza e mancasse malizia – pronti a scambiare con molta rapidità il fioretto con la spada e alle volte, se serviva, con un solido bastone.

La mattina, nel giardino del Forum, davanti alla cattedrale di Aosta,  prendevamo il caffè dopo la prima messa. Don Garino la celebrava in una piccola cappella entrando a destra. Marisella Chevallard assisteva regolarmente e ogni tanto con Daniele Parini, anche lui avvocato come la moglie, ci affacciavamo in chiesa verso la fine della celebrazione, un po’ preoccupati che le antiche mura potessero crollare, visto il rapporto di entrambi con la fede. In quei casi, al momento della benedizione finale, non era difficile vedere le braccia di Don Garino che si allargavano a dismisura per comprendere in qualche modo anche due loschi defilati figuri, intravisti nell’ombra.

Una mattina al Forum c’era anche Pino Crespi, sceso di buon’ora da Courmayeur. Davanti a una tazza di caffè bollente, Crespi chiacchierava con noi sui vari aspetti del carattere femminile. C’erano Marisella, Daniele, forse anche Eddy Ottoz che spesso capitava da quelle parti. Crespi trattava il tema con estrema eleganza ma anche con la sicurezza di chi era da lunghissimo tempo padrone dell’argomento. Non ricordo su cosa, ma a un certo punto intervenne Don Garino. Crespi gli sorrise con un’ombra di affettuosa sufficienza. “Monsignore, ma lei, con tutto il dovuto rispetto, cosa ne vuole mai sapere delle donne?”. Scese il silenzio. Il vecchio prete sorrise a sua volta ma il suo sorriso era quello dello scacchista che vede lo scacco matto all’avversario. Poi, sempre pausando scientemente, chiuse la partita. “Caro Avvocato, io le donne le confesso”. 

Riuscii a portarli in radio, una volta, con enorme fatica davanti ai microfoni per parlare del patrimonio artistico e naturale valdostano di cui erano i massimi esperti. Furono settimane di trattative, ripensamenti, perplessità, marce e retromarce – più da parte di Don Garino che di Pino Crespi per la verità – ma alla fine riuscimmo a realizzare una delle più belle trasmissioni che io ricordi, dedicate alla Valle. 

Mancano ancora – non ci sono più da vent’anni – e mancano tanto.

Una opinione su "Logbook 76 – Montagne valdostane"

  1. Mancano tanto oggi. Manca quell’intelligenza e quella signorilita’. E quello stile, quel rispetto tra antagonisti. Oggi che “intellettuali” privilegiati si picchiano in televisione, insultandosi bassamente. Preghiamo (ognuno il suo dio) che tornino.

Rispondi

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: