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Logbook 98 – Al via il Fondo Andrea Camilleri

Non poteva che essere a due passi da casa sua e da Viale Mazzini, la sede del Fondo che raccoglie la memoria e le memorie di Andrea Camilleri per continuare a dare loro vita. È il suo quartiere, sono le sue strade, dove l’ultima volta – saranno state le due del pomeriggio ed era appena uscito da una piccola trattoria – lo vidi da lontano camminare tenendo le due braccia stese sulle spalle di una delle figlie che gli camminava davanti mentre a me si scioglieva il cuore di tenerezza. Aveva visto molto, mi diceva e ci diceva, e alla fine la vista non c’era più. Pazienza, aggiunse, il conto torna. Fu l’ultima cosa che mi disse, una cosa che grazie a lui ho capito mi piacerebbe potere dire anche io, quando sarà sarà.

Il Fondo è a un piano terra con grandi soppalchi, pieno di luce. L’arredamento, legni chiarissimi e vetro, in qualche modo lo aveva scelto lui, mi aveva raccontato Andreina qualche mese, fa mentre preparavano questa giornata di giugno. Tutta la vita Andrea ha lavorato per mettere da parte memoria e memorie e poi ridare loro vita, come nei vecchi caleidoscopi. Conservava tutto con attenzione, sapendo che si crea solo se si hanno fondamenta solide e per le fondamenta solide servono documenti solidi, di qualsiasi natura.

Vedo per esempio esposto l’originale della concessione del telefono. Quel documento diede origine al romanzo che lo trasformò in un fenomeno editoriale di massa nel 1997. È un’enorme similpergamena con cui il suo bisnonno o trisnonno ottenne uno dei primi telefoni siciliani. È un documento che al limite fa sorridere per la sua burocratica e svolazzante scrittura, dove però solitamente una persona vede una cosa, una persona di talento ne vede tre, una persona di genio ne vede un numero infinito e Dio sa se Andrea di genio ne aveva. Così da un freddo atto burocratico, viene fuori una storia perchè questo era Andrea Camilleri, uno che raccontava storie.

Andreina come sempre, nella confusione dell’inaugurazione, è ovunque, si preoccupa per tutto, mentre la sua mamma che è una persona straordinaria – forse una delle più belle persone che io abbia mai incontrato – sorride tranquilla dall’alto della sua età e di una vita passata con un marito come lui. Andreina è preoccupata e io le voglio molto bene anche se mi fa sorridere quando non riesce a scalare la marcia. Alessandra, avendola avuta come madre potrebbe scrivere un trattato sulla madre mediterranea, figura mitica di cui Andre è la principale rappresentante in assoluto con recenti tendenze nonnistiche, anch’esse da non sottovalutare per la quiete pubblica. Riesce a essere ovunque, le altre due sorelle minori sorridono con lo stesso sorriso della madre mentre lei accoglie, smista, organizza, sposta, si arrabbia, si disarrabbia, controlla – soprattutto controlla – che tutto sia come deve essere, cosa oggettivamente impossibile almeno ai suoi parametri.

Abbiamo lavorato tanto tempo insieme ed erano tempi difficili ma bellissimi. Lei e Francesca – che ritrovo qui in questa inaugurazione – erano le due segretarie di redazione. Lavoravano in team alla grande perché Andreina accelerava e Francesca frenava, entrambe doti preziose per mandare avanti una macchina. Francesca – oggi una delle persone che conosce meglio il mondo della produzione televisiva – mi abbraccia con affetto, trovando il tempo per pugnalarmi alle spalle, ricordandomi che la trattavo male, malissimo. Io nego fermamente, ma i presenti – che peraltro erano presenti anche allora – fanno canagliescamente gruppo e testimoniano a suo favore. Bastardi, e sono pure passati trent’anni.

Eravamo un bel gruppo che poi scoprimmo aveva dato vita a una tv definita “storica” anche se noi non ce ne rendevamo minimamente conto. Un giorno Andreina – era il 1994 – viene e mi dice “Carlo, mio papà è andato in pensione, ha scritto un giallo e mi ha detto che gli farebbe piacere se lo leggessi”. Andrea Camilleri peraltro era noto a quei tempi solo in certi ambiti ristretti, molto qualificati ma ristretti. Io presi il libro con comprensibile diffidenza – anche se non eravamo ancora al diluvio di gialli italiani, più o meno commestibili, di oggi – ma al cuore non si comanda e le risposi che ci avrei provato. Arrivo a casa la sera e dopo cena lo comincio a leggere. Lume d’alba non filtrava nel cortiglio della Splendor – leggo – la società che aveva in appalto la nettezza urbana di Vigàta. Vigàta con tanto di accento perchè i dettagli, i dettagli. Il periodo proseguiva poi elegante, ricco, nuovo, concreto. Era il primo Montalbano a uscire e io passai la notte con lui.

La mattina dopo, con due occhiaie alla zuava dovute alla mancanza di sonno, dissi a Andreina che suo padre era un genio, un genio assoluto, che dovevamo portarlo in tv e fare una intervista di un’ora sul libro. Devo confessare che Andreina, pur essendo legatissima al padre, mi guardò con sguardo prettamente siculo che manifestava al tempo stesso grandissimo affetto, antica esperienza e forte scetticismo sulla capacità di concretezza della figura paterna. Andrea arrivò qualche giorno dopo e per un’ora parlammo di questo commissario, di questo modo di scrivere e di tutto quello che era riuscito a metterci dentro.

Fu una intervista bellissima, scomparsa come tante altre registrazioni dell’archivio di Teleroma 56. A proposito di archivi e di crimini legati agli archivi. In quella intervista, quando lui disse che aveva voluto scrivere un giallo per vedere se ne era capace ma che voleva fare romanzi storici, quasi litigammo in diretta. Ma come, dicevo convintissimo, hai inventato un personaggio che se la gioca con Maigret, il tuo Maigret, e lo lasci cadere così. Ci lasciammo sul nulla di fatto.

Devo dire però che una delle cose di cui sono più orgoglioso della mia vita è stata che la responsabilità di aver continuato a dare vita al Commissario Montalbano lui la ha sempre attribuita – parlandone e scrivendone, entrambe cose che sapeva fare con grandissima arte – a due persone, Elvira Sellerio e molto più modestamente al sottoscritto (e io ne sono felice come un bambino).

Insomma, la piccolissima vecchia storia – rigorosamente però di prima mano cui avevo solo accennato peraltro qualche tempo fa – finisce qui mentre parte il viaggio del Fondo Andrea Camilleri. Sarà una miniera per tutti quelli che avranno cuore, cervello e coraggio come li aveva lui. Un grande in bocca al lupo a Andreina, Elisabetta, Mariolina per la strada intrapresa. Lui sarebbe contento.

P.s. Già una piccola esclusiva è a vista nel Fondo. Andrea Camilleri siamo abituati a vederlo come lo abbiamo conosciuto dai media. Il suo volto – infatti e per lo più – è inchiodato nell’immaginario collettivo ai suoi ultimi venti anni di vita. Se però volete vedere – anche sola per mera curiosità – la sua non frequentissima faccia risalente alle età precedenti, qualche foto del Fondo potrebbe sorprendervi. Lui è quello con la sigaretta. Ovviamente.

Carlo Romeo intervista Andrea Camilleri - Il conto torna
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