Logbook 113 – L’onorevole Trombetta

Una piccola premessa è d’obbligo. Per stare al passo con la storia in questione , Giuseppe Conte dovrebbe essere parlamentare cosa che invece non è. Oddio, l’occasione c’era stata e il seggio era quello che aveva lasciato Gualtieri, una volta diventato sindaco di Roma. Insomma un seggio abbastanza sicuro, Roma Centro, forse il migliore che Enrico Letta poteva offrirgli. Conte però quella volta non si è fidato e quindi diciamo che il titolo di onorevole in questo caso diventa un po’ una forzatura. Transeat.

Stiamo dunque parlando di una delle gag più famose di Totò. Un viaggio in treno di notte appunto con l’onorevole Trombetta dove succede di tutto. Le vicende di questi giorni hanno fatto tornare alla memoria quello sketch e bisogna dire – siccome stiamo parlando di grandi artisti – che Totò regge perfettamente nonostante tutto il tempo passato.

Quel che è successo questa settimana infatti sembra uscito dalla penna dei grandi sceneggiatori delle totoate, come venivano definiti con un certo disprezzo i film del principe De Curtis. Occhio che stiamo parlando di gente come Marcello Marchesi o Bruno Corbucci, gente che la fantasia la sapeva usare. Ma neppure questi grandi maestri della sceneggiatura potevano immaginare quello che è successo questa settimana.

In estrema sintesi Conte, dopo essersi preso in faccia e in presenza da Grillo, fra gli sghignazzi dei giornalisti, la definizione di incompetente conclamato, ha messo su un cinema internazionale con la collaborazione di Domenico De Masi, Rocco Casalino e il povero Travaglio, dove il problema era che qualcuno avrebbe detto a De Masi che lo avrebbe detto a Travaglio che Draghi – con tutti i problemi che ha – avrebbe chiesto a Beppe Grillo di estromettere Conte. Praticamente la fiera dei congiuntivi, per intendersi.

Visto che siamo in ambito cinematografico, insomma ci sarebbe stato un “questo me lo cacci via”, storico cavallo di battaglia di Alberto Sordi ma decisamente poco credibile sia per il livello di Mario Draghi che di contro per quello di Giuseppe Conte.

La sceneggiatura sembra sia stata peraltro scritta in un locale ovviamente alla moda di Ponte Milvio da Rocco Casalino, personaggio che i politologi fra trent’anni è facile prevedere studieranno con estrema attenzione. Siccome siamo nel campo delle gag, la cosa si è risolta con una smentita di Beppe Grillo e un signorile commento in conferenza stampa di Mario Draghi che si è limitato a comunicare che aspettava gli annunciati riscontri oggettivi. 

Siccome però ieri è arrivata la quindicesima condanna per diffamazione a Travaglio e al Fatto, è evidente che tocca aspettare perché ci sarà una qualche comprensibile confusione nella loro redazione. Il Paese resta comunque in paziente attesa insieme al Presidente del Consiglio. Dispiace dire per inciso che un giornale con una certa storia come la Stampa abbia abboccato con il suo direttore come un tonno alla vicenda. Capita anche nei migliori giornali.

Torniamo e chiudiamo con il cinema. Il 1 luglio del 2004, moriva Marlon Brando e un ricordo qui ci sta. Anche lui – come Totò – forse avrebbe meritato più film migliori anche se comunque ne ha girati di bellissimi. Il Brando di Fronte del Porto, di Un tram che si chiama Desiderio, e poi del Padrino, di Ultimo tango a Parigi di Apocalypse now, ha regalato grandissimi momenti di storie e di cinema con la sua voce particolarissima e sconosciuta in Italia, una voce che Robin Williams si divertiva come un pazzo a imitare.

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