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Logbook 130 – Non chi comincia ma quel che persevera

Il Vespucci passa le Colonne d’Ercole e la sensazione per i giovani Allievi Ufficiali deve essere forte. Stanno conoscendo il mare e la vita di mare a bordo della più bella nave del mondo, certo, ma che non fa sconti a nessuno. Le ho passate al contrario, entrando in Mediterraneo quando con Cristian Torelli ci imbarcammo a Cadiz per sbarcare a Tolone e ne venne fuori un bellissimo programma, montato da Marco Alessandri, visibile anche in questo Logbook.

Con Nave Vespucci, nave che comunque manovra come può, c’è anche da considerare che regolarmente – è capitato ovunque abbiamo navigato – le imbarcazioni si avvicinano per vederla e non sempre le cose sono semplici. Nel Pireo oppure alle Bocche, fra Corsica e Sardegna, così come a Gibilterra o uscendo da Amburgo o ancora entrando a Portmouth o a La Rochelle, regolarmente la vista della nave catalizzava e attraeva tutto ciò poteva in qualche modo galleggiare.

Il mio primo imbarco fu per gli ottant’anni nel 2011. Arrivammo a Atene in aereo in tre. L’operazione era tutta interna alla Marina, tramite Upicom (allora comandata dall’ammiraglio Roberto Camerini) cui facevo da consulente per i media e con il comandante Alessandro Busonero – che allora mi pare fosse TV e che oggi dirige il Notiziario della Marina  – e il capo Maurizio Lapera, ottimo elemento sia per la preparazione marinaresca che per quella di cineoperatore.

Sbarcai poi al centro dello Stretto di Messina, con la biscaglina di corda fino alla ognitempo della Capitaneria che mi aspettava sottobordo ma navigammo bene e a lungo per l’Egeo e lo Ionio, raccogliendo momenti e storie che poi finirono in “Di mare, barche e marinai”, nella storica Biblioteca del Mare di Mursia.

Fu il mio primo imbarco cui seguirono altri e credo che realmente – come per tutti quelli che ne hanno fatto in qualche modo parte – quella nave ti entra dentro e tu entri dentro di lei insieme alle migliaia e migliaia di marinai che sono e restano il suo equipaggio, il più numeroso del mondo perchè dal Vespucci non sbarchi mai.

C’è una foto importante che resta di quel viaggio e che ho usato spesso nei miei interventi, parlando di media e forze armate. È proprio il capo Lapera che praticamente in testa d’albero sta riprendendo il ponte che è sotto di lui a una cinquantina di metri. C’è poi da considerare che sopra di lui c’era anche il fotografo, anche lui un sottufficiale, che riprende la scena.

Quella foto attesta chiaramente una cosa. È una scena che può riprendere solo un operatore militare – Media Combat Team o meno che sia – perchè nessun operatore civile sarebbe in grado di salire in sicurezza a quell’altezza per poi fare quelle riprese. Devi essere prima marinaio poi operatore, per capirsi. Oggi le telecamere sono leggere, più semplici e questo è determinante per la loro diffusione e il loro utilizzo. Basti pensare che trent’anni fa in tutta Italia ci saranno state al massimo un centinaio di telecamere e non molti di più a saperle usare. La rivoluzione tecnologica ha cambiato scenario anche in questo e forse è un bene. Il mondo militare nell’ambito della comunicazione ne è stato stravolto e ha fatto passi da gigante ma ne parleremo perché per una vita mi sono trovato a sottolineare, all’interno del mondo militare, come i media fossero un vero e proprio sistema d’arma. Ne parleremo.

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