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Logbook 154 – Due anni

Il 9 ottobre di quarant’anni fa moriva davanti alla Sinagoga romana, su Lungotevere Stefano Gaj Tachè. Era una festa di allegria e di gioia, una festa dei bambini come Stefano e invece si trasformò in un dramma avvolto dal mistero. Resta misterioso il perchè la camionetta della Polizia che di solito controllava il Tempio quel giorno – solo quel giorno – non fosse presente. Resta il mistero di come le indagini si siano svolte e di come si sia proseguito in una politica di copertura dei responsabili che ancora oggi indigna la Comunità ebraica romana.

    Erano momenti molto difficili e in quel momento tutta la rabbia razzista contro gli ebrei era esplosa. Era conseguenza dei massacri di Sabra e Chatila del settembre precedente ma la violenza e la faziosità con cui veniva trattato un episodio tragico come quello infiammò gli animi di tutti. Giornali e tv sparavano contro ogni giorno e pensai a quel punto di invitare per una lunga intervista in tv il Rabbino Capo Elio Toaff che dopo qualche perplessità accettò di venire nei nostri studi della Balduina.

Lo passai a prendere con la mia scassata 124 bianca ma non era uno che facesse attenzione più di tanto a queste cose. In macchina parlammo della situazione e lo sentii preoccupato. Mi sembra di avvertire una regia dietro tutto questo, mi disse, e si augurò di sbagliarsi. Sentiva profondamente l’anima della Comunità, li conosceva tutti uno per uno. La guerra e le mostruosità naziste avevano pesantemente coinvolto anche lui che, finita la guerra, giurò di non mettere più piede in Germania e neppure di sorvolare il suo territorio in aereo. I suoi assistenti lo sapevano e dovevano costruire rotte aeree complesse per tenere fede a questa promessa.

Fun un’ora di conversazione, lunga, concreta, sofferta che avvenne a pochissimi giorni dall’attentato. Non so se Elio Toaff lo presentisse, certo è che non era tranquillo, tutt’altro. Spiegò con molta serenità ma con altrettanta amarezza quella che era la situazione a Roma e a livello internazionale, il comportamento dei media e dei politici. Lo riaccompagnai a notte fonda, un po’ preoccupato perchè la Balduina notoriamente era una zona che nella mappa della Digos veniva considerata nera ma ricordo le strade completamente vuote anche se nel momento in cui entrai nei confini del Ghetto respirai di sollievo.

Pochissimi giorni dopo, avvenne la tragedia. Quel giorno a nessun politico (compresi i vertici della Repubblica) tranne Marco e più tardi Spadolini, fu consentito di entrare dai cordoni dei giovani della Comunità che immediatamente blindarono ogni accesso. Marco era accorso da Montecitorio appena saputa la notizia. Conosceva e era conosciuto da quel mondo. Non esistono le immagini di quella giornata perchè le telecamere della Rai e di quella che si chiamava allora Fininvest finirono sul greto del Tevere perché la rabbia era forte. Solo Teleroma riuscì a girare le immagini che oggi non esistono più, disperse come sono in un archivio scomparso e mai sufficientemente rimpianto. Fu una giornata tragica, cupa, e ancora oggi – e sono passati quarant’anni e ne avevo ventottotto – risento quel senso di tragedia di popolo nei confronti dell’assassinio di un bambino che era lì per una festa. Aveva due anni.

Ansa

Presentazione del libro di Gadiel Gaj Tachè “Il silenzio che urla. L’attentato alla sinagoga di Roma del 9 ottobre 1982” (Giuntina)

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