Site icon Ferian

Logbook 161 – Normale sarà lei

Corso di formazione per giornalisti organizzato dall’Ordine dei Giornalisti e dal suo equivalente sammarinese, la Consulta. Il tema è affrontare dal punto di vista dei media le disabilità. Sono dieci anni che non me ne occupo più direttamente ma ho passato dodici anni – dal 2000 al 2012 – a Viale Mazzini, dirigendo il Segretariato Sociale e lavorandoci sopra duramente. 

Mentre parlo tornano in mente quegli anni. I primi dal 2000 al 2006 tutti in salita. Per prima cosa dotammo i giornalisti del servizio pubblico di un testo di riferimento che evitasse errori che a volte potevano avere conseguenze gravi. Fu l’Ordine dei Medici a segnalarci che parlare di malati “incurabili” oltre a essere scientificamente un errore, era anche controproducente per la reazione dei malati che rinunciavano a reagire. Altra parola che combattemmo a lungo fu “handicappato”. L’handicap spiegavamo alle redazioni scettiche è della struttura non della persona. Una persona con disabilità motorie può superare le sue disabilità grazie a strutture adeguate così come se le disabilità sono sensoriali tramite le tecnologie più avanzate molti limiti possono essere superati. Non furono battaglie facili per noi. C’erano Enzo Cucco e Marilena Andreotti, Armando Buonaiuto e Betta Norzi, Claudia Fascia e Alberto Trionfi, Vera Leotta, Laura Bonardi, Sabrina Manzo e tanti altri. Si formò fra Roma e Torino una bella squadra, molto agguerrita perchè la Rai non era esattamente sensibile ai temi del sociale che viveva più come un gravoso dovere che come una grande opportunità e non come qualcosa di triste, noioso. Passavamo in Rai per dei grandissimi rompicoglioni e in fondo lo eravamo sul serio anche se ne avremmo fatto volentieri a meno.

Ci fu  un convegno – a proposito di noia – in Sala Arazzi a Viale Mazzini su cinema e disabilità che organizzammo proprio per questa ragione. Parteciparono, con il supporto di Giancarlo Leone, protagonisti del mondo del cinema di primissimo piano. Parlammo di casi come “Rainman” e di come avesse cambiato l’immagine dell’autismo e sicuramente non era un film noioso. Perchè “iI sociale è noioso”. Quante volte me lo sentivo ripetere in quei corridoi dove nascevano produzioni e palinsesti e noi giù a dire che non era noioso il tema ma chi lo trattava senza crederci e senza professionalità. 

Le Paralimpiadi furono un’altra battaglia. Far capire che il sociale non c’entrava ma era solo sport, che erano campioni fu difficilissimo. Un grande aiuto ce lo diedero un vecchio amico come Luca Pancalli con cui queste battaglie le facevamo a Teleroma 56 negli anni 80 in beata solitudo mediatica, Ivano Maiorella, Tiziana Nasi. Proprio lei e le Paralimpiadi invernali di Torino 2006 di cui si era assunta la pesantissima responsabilità segnarono la svolta, la boa per far accettare definitivamente ai giornalisti Rai che gli atleti paralimpici erano sport a tutti gli effetti. Far trasmettere in diretta la cerimonia inaugurale delle Paralimpiadi fu guerra pura e senza esclusione di colpi con i responsabili delle reti ferocemente contrari e poi ci furono anche ottimi ascolti.

Mentre parlo mi torna in mente Franco Bomprezzi. Era un amico e se è mai esistita una persona che meritasse di essere fatto senatore a vita era lui. Le sue battaglie, il suo rigore, la sua ironia, la sua professionalità giornalistica – perchè era un grande giornalista – sembrano dimenticate e è un crimine. Franco ha lasciato molte cose che sono oggi realtà e che furono sue durissime battaglie quotidiane. La storia delle disabilità in rapporto con i media in Italia è un far west che andrebbe studiato e rivendicato. Si tratta di una delle pagine più belle – e non sono purtroppo moltissime – della storia di questo Paese.

Comunicare la disabilità, dai bisogni ai diritti – San Marino RTV
Exit mobile version