Logbook 235 – Romoli e Remi

Cosa seria la satira, molto seria e non facile. Terreno scivoloso in cui i parametri normali non valgono, la satira ha una sola regola vale a dire che o funziona o non funziona. Arte difficile anche perchè la realtà oggi corre più veloce e immagina e realizza cose che neppure i peggiori satirici – penso a Via Lorenzo Valla 17, sopra Trastevere, dove si annidavano i redattori del Male, ovvero dei soggetti di rada perfidia – riuscirebbero a arrivare. Le gaffe di certa politica – di destra di sinistra di sopra o di sotto che sia – vanno realmente troppo spesso oltre la fantasia di chi fa satira.

Altro aspetto fondamentale è che la satira non ha colore politico o meglio lo ha ma serve solo per capirla meglio. La satira come si diceva o fa ridere o non ci riesce e allora non è satira. I due nuovi cavalli di razza della satira non a caso sono uno di sinistra – Makkox, scoperto da Massimo Caviglia che sul casting satirico ha un sesto senso – e uno di destra cioè Federico Palmaroli in arte Osho o, se si preferisce, Osho in arte Federico Palmaroli, monteverdino come il Male pure lui.

Quest’ultimo condivide con un altro genio come era Stefano Tamburini il non saper tenere una matita in mano, cosa che a Stefano facevano pesantemente pesare con le loro matite i vari Pazienza, Vincino, Liberatore e tutti gli artisti del succitato pianterreno di Via Lorenzo Valla. Ciò nonostante, anzi proprio per questa sua incapacità, Osho si inventa una sua satira geniale, certamente molto romana come lo era peraltro quella di Giovenale o di Marziale cui, fatte le debite differenze, molto somiglia. E’ di destra però sa cavalcare alla grande anche cazzate ministeriali di parte, volte persino – a proposito di satira – a arruolare il povero Dante nelle proprie fila. Trattasi peraltro di cazzata pure parecchio datata, visto che il Conte Luigi Passerini – lo racconta Malaparte – in una conferenza di un secolo fa a Firenze già teorizzava, fra i sorrisi ironici dei presenti. La stessa roba.

Osho e Makkox – questi Romoli e Remi – sono fra loro come il giorno e la notte ma fanno ridere e sono novità mentre restano sempre per nostra fortuna mostri sacri come Staino (un grandissimo abbraccio) o Ellekappa (il suo recente “vecchio putiniere” nei confronti del Cav è anch’esso geniale, indipendentemente dai punti di vista politici). La coppia Osho e Makkox riesce insomma a farci digerire la noia e la prevedibilità della vita politica italiana attuale a mezzo stampa. Di questo dobbiamo essere loro molto, molto grati, o almeno io lo sono tantissimo.

Logbook 234 – Fotomisteri a ventiquattro scatti

Fotografie. E vengono alla mente quei rullini da trentasei (se avevi soldi) o da ventiquattro (se non li avevi), con cui si partiva per le vacanze. Difficile spiegarlo oggi a generazioni che scattano a mitragliatrice, senza neppure più un minimo di conoscenza tecnica, tanto fa tutto la macchina fotografica anzi il cellulare. Allora invece toccava  pure pagare la stampa di tutte le foto, vaglielo a dire oggi che è tutto gratis. Della cinquantina di scatti – se andava bene – che alla fine erano stati fatti, ne restavano buoni quanti? cinque? sei? che però documentavano – “immortalavano” era proprio il caso di dire – l’intero evento. Insomma quelle foto almeno restavano, magari imbalsamate in album di difficile manovra e solo pochissime elette in  cornici più o meno inguardabili. 

Oggi invece l’eccesso di immagini – una vera e propria alluvione – fa sì che si disperdano eventi e memoria come lagrime nella pioggia, tanto per citare. A quel punto, quando hai centinaia di testimonianze visive magari solo di una semplice cena, diventa come non averne nessuna.  Ormai invece sono i computer o i telefonini che alla fine dimenticano o restituiscono, come il fondo del mare, tracce visive di vita e memoria in una folla di immagini sempre più simile a una discarica.

Accade così che, in un vecchio pc dismesso, ritrovo per caso una foto di cui non riesco più a ricostruire il contesto. Dovrebbe essere Modena, l’Accademia MIlitare, perchè la divisa del giovane mi sembra proprio quella di un allievo, forse un capocorso visto che mi sta consegnando un ricordo probabilmente dopo una lezione in aula magna, probabilmente legata al rapporto fra teatri operativi e media. Non é una foto storica, certo, però è una buona occasione per porsi qualche domanda. Che anno sarà? Direi fine secolo scorso o appena inizio nuovo millennio. Il giovane allievo poi che storia ha avuto? Chi è? Come gli va e come gli è andata nella carriera e nella vita? Sono insomma tutte quelle cose che, inciampando in una vecchia foto apparentemente semplice e totalmente dimenticata, ci si finisce per chiedere. Ogni foto in fondo ha una storia e non raramente nasconde un segreto.

Logbook 233 – Mi dia del Lei che è meglio

I marinai bretoni – cioè fra i migliori marinai del pianeta – ripetono spesso che pochi possono dare del tu al mare e quei pochi non glielo danno. Basta peraltro vedere l’evidente imbarazzo di gente come Giovanni Soldini o Matteo Miceli, quando si sentono definire lupi di mare. Il mare infatti – come la montagna – insegna in primo luogo l’umiltà di fronte alla grandezza e alla forza della natura. Questo insegnamento resta dentro anche se purtroppo non sempre impedisce quello che tecnicamente a bordo viene chiamato “il momento del coglione”, fenomeno temporaneo e rischioso che capita e è capitato almeno una volta a chiunque vada per mare. Nonostante questo,  o forse soprattutto grazie a questo, questo insegnamento aiuta anche a accettare i propri limiti.

Chi va per mare infatti sa bene che è normale, se non doveroso, per esempio sbagliare clamorosamente un ormeggio davanti a un folto e attento pubblico in banchina mentre invece, per una insondabile legge del mare, l’ormeggio splendido e abilissimo ti capita invece di farlo quando in porto non c’ è anima creata. Allo stesso modo, non si va per mare se, almeno una volta, non cade il cellulare in acqua o se non si dimenticano, dopo avere mollato gli ormeggi, scarpe, cime e suocere in banchina. O ancora se la passerella – elemento subdolo e molesto ma di fatto necessario – non tradisca vuoi per instabilità, vuoi per tasso alcolico avanzato dell’utente, comportando una entrata in acqua più o meno elegante. Chi scrive, oltre a essere stato testimone a decine di episodi del genere, ha lasciato a oggi quattro cellulari sul fondo tirrenico e tre su quello adriatico nonché, causa passerella, un bagno a testa (in Adriatico – in dicembre che é pur sempre una sensazione forte, soprattutto se devi risalire da solo in banchina – e nel Tirreno a primavera di una vita fa) quindi sa bene di cosa parla. 

Il medesimo scrivente uno notte ha inoltre visto sparire nel nulla e nel buio, all’Elba, un espertissimo skipper toscano, per aver mancato la passerella di un buon mezzo metro, dopo una piacevolissima serata in pozzetto, quando gli unici alcolici sopravvissuti a bordo di una ex nutrita schiera erano ormai solo i disinfettanti. Non ci fu neppure in quella occasione, grazie agli dei del mare, nessuna conseguenza (tuffi del genere comportano non poco pericolo), se non l’esaurimento, a pelo d’acqua e nel buio, in un rapidissimo ritorno di lucidità, di almeno quattro mesi dell’intero calendario cattolico fra santi e beati.

Chi va per mare, sa bene tutto ciò e se ne fa una ragione. sa altrettanto bene che Bernard Moitessier perde il Joshua in un momento di disattenzione e si divide fra rabbia e lagrime nel raccontarlo. Eric Tabarly, altro grande mito del mare, muore invece quasi settantenne dopo una vita da marinaio, solo perché quella notte al largo, con un maraglione di prua, non si era legato. 

Di esempi del genere se ne potrebbero fare tanti altri ma quello che conta è che il mare insegna ogni giorno a crescere, a affrontare se stessi, a sbagliare e soprattutto con una po’ di fortuna a imparare dai propri sbagli, a saperli accettare sapendo che è solo l’esercizio che fa il maestro. Il che non è scuola da poco.

Logbook 232 – Il Mediterraneo dal punto di vista del design

Nuova puntata della rubrica sul Mediterraneo in onda su Radio Radicale, questa volta dedicata al design, tra mercato della nautica, competenze e professionalità nel settore. Ne parlo con l’architetto navale Umberto Felci, CEO di Felci Yacht Design. Buon ascolto.

https://www.radioradicale.it/scheda/690615/il-mediterraneo-dal-punto-di-vista-del-design-intervista-a-a-umberto-felci

Logbook 231 – “Burrasche” a San Marino

Presentato “Burrasche” lunedi sera fra amici al Rotary di San Marino. Il 27 sarà a Rimini, al Club Nautico con Carlo Daniele, e il 17 marzo a Aosta. Insomma, il libro è varato e sembra navighi bene mi dice l’editore romano. Come noto gli editori per gli autori sono categoria antagonista, subdola e incontentabile quindi direi che va bene così e poi occorre anche considerare la tempistica e la qualità editoriale, eccellenti entrambi e cose non da poco in fatto di libri.

“Burrasche”, organizzato e impostato anche graficamente da Michele Valente, in meno di un mese infatti è andato in tipografia. Tempistica non facile in questo ambito che comunque è stato stravolto dal mercato via web. Oggi ordinare un libro ai vari Amazon e compagnia è la cosa più veloce del mondo, anche se fare la stessa cosa con il proprio libraio di fiducia ha un altro spessore che sa più di carta stampata e di amore per il diciamo manufatto. Un’ora in una buona libreria con dei librai in gamba – discreti e preparati – può rimettere al mondo.

Bene dunque la presentazione sammarinese, organizzata dal presidente rotariano Marco Mazza che ha visto il contributo di due prestigiosi (e riottosi) amici, Marino Albani e Lucio Daniele. Alla fine loro si sono divertiti e quindi si è divertita anche la sala, saltando da uno spunto all’altro, da un episodio all’altro, da un personaggio all’altro fra le le centinaia di nomi citati.

Scopro con piacevole sorpresa che, fra gli  appunto tantissimi personaggi noti che il libro racconta, colpiscono molto anche due che invece noti non sono, né mai avrebbero voluto esserlo e ormai scomparsi da tanto. L’avvocato e notaio di Courmayeur Pino Crespi e don Luigi Garino, uno grand viveur e uomo di cultura raffinatissima, l’altro sacerdote di montagna altrettanto colto – la sua arte sacra valdostana che ha completato l’opera di Mons. Edoardo Brunod è da manuale – e caratterialmente non poco impegnativo, vengono infatti citati entrambi. Non li conoscono nè chi parla nè chi ascolta in sala, nè avrebbero potuto conoscerli eppure ne sono colpiti tutti dalle pagine del libro mentre a me viene da sorridere, pensando alla presentazione di marzo organizzata da Romaine Pernettaz in una delle storiche librerie valdostane. Viene da sorridere perché, fra quelli che ci saranno, sarà facile ci sia qualcuno che non si debba immaginare i due personaggi, avendo già nella memoria le due persone, non facilmente dimenticabili peraltro.

Bella serata dinque la cena con libro fra amici ieri sera al Rotary, questa volta ospite del Grand Hotel (millefoglie spettacolare), l’albergo dove ho vissuto i miei primi non facili anni sammarinesi (viziato dal suo personale come neppure mia madre) e quindi è stato per me doppiamente un piacere.

Il servizio di Annamaria Sirotti per San Marino Rtv: https://www.sanmarinortv.sm/news/cultura-c6/dal-covid-alla-guerra-burrasche-l-ultimo-libro-di-carlo-romeo-a236461?s=08