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Logbook 122 – Onorevole anche no

Ne avevo accennato, nel corso di una rassegna stampa dando la notizia che Elio Vito, dopo oltre trent’anni di vita parlamentare, aveva deciso di dimettersi. In diversi mi hanno chiesto su social e blog per pura curiosità di approfondire. Perchè no, tanto siamo fra noi. La storia comincia tanto tempo fa.

Tanto, tanto tempo fa, Elio era a Napoli il punto di riferimento di Marco che era stato eletto nella Sala dei Baroni. Erano gli Anni 80 e Marco aveva al solito una serie di fronti aperti fra Bruxelles, Roma e Napoli quindi Elio che gli faceva da assistente, si occupava – e bene – del consiglio comunale di cui divenne consigliere più tardi.

Era il 1992 e la campagna elettorale era cruciale. C’era stato il terremoto di Tangentopoli e il Paese cercava disperatamente una soluzione politica di rinnovamento e al tempo stesso di conservazione. In fondo, questa è la costante  italiana di sempre, riassunta – visto che siamo partiti da Napoli – nell’immortale analisi partenopea del chiagne – e – fotte. Tutti si lamentano in Italia, sempre e comunque, ma quando c’è la possibilità di cambiare, anche no grazie, come accettato.

Marco presentò dunque nel 1992 la sua lista. A quei tempi non andava molto di moda la lista personalizzata su un nome e anche in questo fu un precursore, seguito subito a ruota da altri, come spesso accadeva. Il suo collegio era in Abruzzo mentre a me chiesero di candidarmi a Roma, in ordine alfabetico dopo  le teste di lista che erano mi pare sei. Dissi di fare come volevano e passai i restanti due mesi in Abruzzo a seguire Marco nella sua campagna elettorale, insieme al solito piccolo gruppo di psicopatici conclamati di cui mi onoro di aver fatto parte. 

La lista prese cinque parlamentari, se non ricordo male. Marco, Emma, Cicciomessere e Marco Taradash, oltre a un paio di esterni come Gianni Elsner che aveva fatto una sua campagna personale e che comunque godeva già di un suo seguito radiofonico di una certa consistenza. Il quinto diciamo interno entrava in base alla scelta di Emma, eletta sia a Roma che a Napoli. Elio era il primo dei non eletti napoletani mentre a Roma primo dei non eletti, per circostanze assolutamente a me incomprensibili, risultavo io. Elio aveva preso oltre quattrocento voti, io qualcosa più di seicento, insomma non parliamo di grandi cifre.

Marco rinviò tutto alla domenica successiva dopo il voto. Una riunione con una ventina di persone – lo ricorda ancora bene Valeria Ferro che in quell’occasione si divertì molto e non fu la sola, avendo come unico rimpianto quello di non essersi portata birra e pop corn – per decidere qualcosa che in realtà era già deciso. 

Io infatti ero terrorizzato all’idea di andare a Montecitorio (mentre Elio era terrorizzato del tutto legittimamente invece di non andarci). Mio figlio aveva un anno e già una ventina di interventi neurochirurgici alle spalle e in più si stava cercando di mettere in piedi – e andò malissimo grazie a una gestione sbagliata del management che la seguiva – la rete nazionale di Odeon Tv. Inoltre Elio aveva già una solida esperienza politica nelle istituzioni e dissi tutto questo a Marco quando mi chiamò per dirmi della riunione. Mi lasciò parlare e concluse a modo suo cioè civediamodomenicanonrompereicoglioni, il che detto da uno che era pluricampione mondiale universalmente riconosciuto della pratica, in fondo lo ho sempre vissuto come un riconoscimento.

La domenica ci vedemmo alle otto di sera. Marco spiegò la situazione, Emma sembrava assolutamente indifferente alla vicenda, io intervenni e chiarii quello che avevo già detto a Marco. Intervenne fra gli altri anche Elio che dichiarò la sua disponibilità poi Marco chiese un voto per alzata di mano. Metà dei presenti  – fra cui il sottoscritto – non votarono, l’altra metà votò. Emma dunque scelse Roma e Elio entrò a Napoli. Finimmo verso le dieci. Feci i complimenti a Elio dicendogli che mi doveva una pizza – peraltro regolarmente incassata in una pizzeria di Borgo Pio qualche settimana dopo – perchè Elio è uno che rispetta gli impegni di questa natura.

Mentre stavo per uscire Marco si avvicina e mi chiede se ho la macchina. Dico di sì e mi dice: “Mi dai un passaggio alla Panetteria?”. Certo, dico, e scendiamo insieme nell’ascensore di Torre Argentina. Con lo sguardo goliardico classico che aveva quando si stava divertendo, in macchina mi chiede come era andata. Gli rispondo che non capisco dove fosse il problema. Io non ci volevo andare, Elio sì. In più Elio era più bravo di me in queste cose quindi in sintesi una domenica sera inutile. Si mise a ridere di gusto e la cosa finì lì. Ho sempre avuto il sospetto che sia stata proprio la goliardia insita nel suo DNA a gestire quella singolare vicenda, durata inutilmente una settimana.

Tutto qui e non è niente di che, anche se ogni tanto mi chiedo come sarebbe stata la mia vita se fosse andata diversamente e francamente sono sempre più convinto – ogni volta che capita – che é andata benissimo come è andata. Resta appunto il mistero di quella settimana di attesa ma il ragazzo era piuttosto complesso nei suoi ragionamenti quindi vallo a sapere.

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