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Logbook 249 – Dove i libri ci osservano

Le librerie ovviamente soffrono per la rivoluzione commerciale che ha stravolto, anche in questo settore, abitudini che sembravano consolidate. Soffrono ma paradossalmente tengono bene, fronteggiando sulla qualità e sull’attenzione al lettore concorrenze anonime e a volte inquietanti. Una visita in libreria – quando non si soffre di una sorta di fobia da eccesso di titoli – è uno dei piaceri della vita. Due chiacchiere con il libraio – ne abbiamo già parlato peraltro – e magari si inciampa in qualche sorpresa che ti mette a posto una giornata uggiosa come quella di Battisti anzi di Mogol, anzi di tutti e due.

Le librerie con i loro santuari, le biblioteche, restano centrali come momento di intelligenza e di ricerca, di piacere e di curiosità. Per libri – è bene precisare forse – qui si intendono quelli veri cioè quelli che si confrontano con il tempo e che hanno come caratteristica non le copie vendute, non i temi trattati, nè le recensioni più o meno cerebrali ma solo e esclusivamente la buona scrittura che necessariamente comporta una buona lettura. 

Le biblioteche meritano un discorso a parte che non è il caso di fare qui ma tanto per capirsi una volta – ero con una persona che nelle biblioteche di tutto il mondo ha trascorso una vita – abbiamo visto un bambino entrare in Angelica. Saranno gli Agostiniani, sarà il Vanvitelli e gli altissimi secolari scaffali di libri, sarà l’atmosfera che ha quella sala ma quel bambino, entrando con la mamma, si fece il segno di croce e a noi due venne contemporaneamente da sorridere. In fondo in molti probabilmente a avere il sospetto che i libri – siano essi nelle librerie, siano invece nelle biblioteche – ci guardino, ci osservino e non raramente ci giudichino.

Le vere librerie hanno dunque un’anima e la Luxemburg è fra queste, tanto che il Clarin, uno dei più prestigiosi giornali argentini, la ha inserita fra le dieci librerie più belle del pianeta. La sua storia risale al 1872. Affacciata su Piazza Carignano, dalle sue vetrine si  può intravedere il tavolo regolarmente apparecchiato al Cambio dove pranzava il Conte di Cavour, a tutt’oggi ancora riservato a lui perché con uno come lui hai visto mai. 

Alla Luxemburg andavo a trovare i libri e un po’ Angelo Pezzana, uno dei migliori peggiori caratteri che abbia mai incontrato e ne ho incontrati una marea, ma anche una persona di un cuore e di una generosità che risultano rari. Quando avevo l’ufficio a Torino, all’ultimo piano del grattacielo Rai di Via Cernaia, non era raro che quando la situazione stava per comportare un omicidio aziendale interregionale (spesso il target era su Viale Mazzini) prendessi le scale – l’ascensore di via Cernaia era spesso una affascinante ipotesi – e me ne andassi a frugare fra i libri della Luxemburg per poi mangiare un panino al volo al Fiorio. “Che dicono al Fiorio?” chiedeva Carlo Alberto ossessionato dai sondaggi e dalle opinioni anche lui, buon’anima. Alla fine rientravo,  rinnovato nell’anima e nelle intenzioni, pronto a quasi venti piani di ascesa in vetta, dove arrivavo pressoché collassato, preoccupando non poco la vigile signora Viviani.

Così, sabato alla Luxemburg ci sarà “Burrasche” e la cosa a me fa piacere – e molto – così come mi fa piacere domani da Brivio, storica libreria valdostana a Piazza Chanoux – la piazza di Aosta – presentarlo agli amici che ci saranno. Torno a vedere dopo tanto tempo la Valle che in fondo è parte di me (e dove ho passato anni duri e bellissimi, irresponsabilmente il più giovane dei direttori di sede Rai di quegli anni). Ne sono passati trenta e Vladimir Majakovskij ricorda piano “ma la terra in cui hai sofferto il freddo, mai più potrai cessare di amarla”.

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