Ero sicuro – e sbagliavo – che sarebbe stato un addio definitivo. Fu breve quindi, come tutti i migliori addii. Era inizio di giugno del 1995 e a gennaio avevo lasciato dopo quindici anni Teleroma, esperienza fondamentale ma definitivamente finita, per tante ragioni. L’idea su cui lavoravo, una volta diciamo libero e solo, era quella di una TV del Giubileo 2000, la cui sede sarebbe stato bello fosse stata il Fungo dell’EUR. Ne parlammo a lungo con Francesco che era sindaco a quel tempo e con Paolo Gentiloni che era il suo capo della comunicazione.
Poi però verso marzo, si affacció grazie alla Presidente Moratti e a Cesare Dujani, storico straordinario politico valdostano, la richiesta da parte della Rai di andare a dirigere la Sede valdostana, occupandomi anche della Struttura Programmi in italiano e in francese. Da oltre due anni lì mancavano infatti un direttore e un capostruttura e così, secondo le migliori regole di marketing, la Rai prese due dirigenti al prezzo di uno.
In quei primi mesi del 1995 continuavo comunque in radio a fare i turni giornalieri della rassegna stampa con Massimo Bordin. A maggio la vicenda Rai si concretizzò – non senza qualche resistenza interna – e così firmai il contratto come manager. Fu così dunque che il primo lunedì di giugno – il 5 – partii per a dirigere la Rai valdostana, cambiando contemporaneamente mestiere, città e azienda. Avevo quarant’anni – tempi nonostante tutto bellissimi – e non sapevo nulla di quella terra che poi ho amato follemente e che amo altrettanto follemente tutt’ora, nonostante sia oggettivamente un po’ carente in fatto di mare.
Gli amici e le amiche dell’archivio di Radio Radicale (patrimonio unico per la democrazia a livello internazionale e sfido chiunque a dimostrare il contrario) hanno rintracciato – gliene sono veramente grato – quella ultima rassegna stampa, il 2 giugno del 1995, in cui alla fine salutavo un pubblico cui ero affezionatissimo e che, come dicevo, non avrei mai pensato di ritrovare.
Era un venerdì e il lunedì all’alba avevo il volo per Caselle dove mi aspettava Renato Brero, storico autista e responsabile dei mezzi aziendali della Sede, oltre che una persona fra le più buone che abbia mai conosciuto. Ricordo ancora la pesante colluttazione che ebbi con lui, come primo contatto in aeroporto, per difendere il mio unico bagaglio – la vecchia sacca blu – dai suoi insistenti tentativi di impossessarsene.
E così mettiamo qui oggi a seguire gli ultimi dieci minuti di quella sedicente ultima rassegna stampa, ove mai qualcuno dei ventidue lettori di queste pagine fosse incuriosito. I giornali allora erano di più e molto più ricchi e pesanti, gli orari più rigidi e poi esistevano energumeni esagitati cui non sfuggiva ogni virgola della trasmissione che poi diventava rapidamente, poco dopo, argomento di approfondimento e contestazioni, solitamente davanti al caffè della buvette.
Quei caffè non ci sono più e mancano molto (insieme agli energumeni che erano dei gran rompicoglioni ma cui dobbiamo tutti, non solo io, molto) ma se alzo oggi gli occhi dal tavolo dello studio, come allora, rivedo dietro il vetro Piero o Alessandro che si avvicendano al mixer e le vecchie scale, l’ascensore psicopatico e tutto il resto e tutti gli altri. Il tempo passa ma qualcosa lascia sempre.