Filippo Mennuni – oltre a essere un amico – è una persona con cui andare per mare è ideale. Se è lui il comandante, sa tenere insieme l’equipaggio con molta serenità mentre, se non è lui il comandante o l’armatore, sa essere presente senza essere invasivo, dote non da poco su una barca a vela.
Si racconta nei porti di skipper nevrotici, di maniglie di winch che volano da poppa a prora e questo francamente non aiuta a navigare serenamente. Filippo anche nei momenti più complessi sa mantenere i nervi saldi – dote fondamentale per chi va per mare – forse perché conosce troppo bene tutti i mari del mondo. Negli oceani con velieri a tre alberi o con una barca di dodici metri è sempre a suo agio. Oltre tutto riesce ad avere idee importanti che spesso diventano imprevedibilmente delle realtà. Lo ho conosciuto che era lo storico comandante di Adriatica, la barca a vela rossa di Velisti per caso, con cui una quindicina di anni fa realizzò una attività estremamente interessante. In ogni porto del Mediterraneo sbarcavano uno scrittore e ne imbarcavano un altro che faceva con loro una tratta. Equipaggio fantastico anche se Adriatica non è il massimo della comodità e neppure della manegevolezza, diciamocelo, ma forse è proprio questo il bello. A Cagliari sbarcava Bjorn Larsson e mi imbarcavo io, reduce dei successi di “Boatpeople” e di “Mollare gli ormeggi”, entrambi pubblicati nella collana dedicata al mare di Longanesi. Con Adriatica arrivai a Mahon, prendendo fra l’altro un po’ di maraglione che arrivava se non ricordo male dal Leone, particolarmente inquieto in quei giorni.
Insieme a Filippo con il Ferian andammo d’inverno a Genova. Navigazioni notturne in un freddo polare con un incredibile ormeggio all’inglese – all’inglese! – il 30 dicembre a Porto Venere, dove arrivammo dopo mezzanotte. Per fortuna avevamo mezza forma di grana e un metro di pizza bianca acquistata in un forno di Civitavecchia (quindi il top del settore perché i forni di Civitavecchia sono in testa a ogni classifica per pane e pizza). Nessuno di noi due cucina a bordo e peraltro il mare incrociato ci avrebbe costretto a acrobazie improbabili. Arrivati a Porto Venere, appena scesi in banchina giurammo solennemente che per un mese non avremmo più mangiato parmigiano. Filippo insomma è un marinaio di quelli che fa piacere incrociare in porto o al largo perché ama e conosce il mare e la navigazione. Sono in molti ma non tantissimi come lui e davanti a una birra in rada potrebbe raccontare bellissime storie di mare.
