Logbook 59 – Parte piano il nuovo swing

Incontrai Claudio Riggio quasi quarant’anni fa a Beirut. Eravamo sotto bombardamento nella base italiana del Generale Angioni, Condor 1 per chi era in radio in quel momento. Settembre 1983 mentre saltavano per aria il comando della Cia e la base francese, tanto per intenderci.  Claudio era di leva, paracadutista del contingente italiano che insieme a quello francese e a quello americano, cercavano di interporsi fra le numerose fazioni in lotta fra loro. La differenza appunto è che gli italiani erano di leva mentre francesi e americani erano professionisti. Così quando chiesi al capitano Corrado Cantatore con cui avevo stretto una strana ma solida amicizia di avere alcune voci di militari italiani che raccontassero al microfono la realtà che si trovavano a vivere, Cantatore mi mandò fra gli altri Claudio. 

Confesso che non ricordo cosa ci dicemmo quella volta, quarant’anni fa, ma lo scorso anno – dopo aver sentito la mia voce in una rassegna stampa – riuscì a contattarmi con una mail, ricordandomi questo episodio che gli era rimasto chiaro nella memoria. Gli chiesi cosa facesse e lui rispose che continuava quello che aveva iniziato allora.

Ero e sono un musicista, aggiungerà poi davanti a un caffè a Piazza Mazzini, non a caso poco distante dal Cavallo, dove avevo passato la mattinata. Mi racconta la musica e il suo rapporto con la diversità. Mi racconta il rapporto straordinario e gli effetti ancor più straordinari che può creare la musica per le persone con disabilità, per le persone che hanno disagi conclamati. Mi racconta i suoi progetti e ci mette l’anima e tutto quello che sa – e che non è poco – in fatto di musica. La musica e il suo rapporto con le patologie, i disagi, le difficoltà, non sono una novità ma se ci dedichi la tua vita professionale – e non solo, perché sono esperienze difficili da circoscrivere – le cose cambiano, acquistano spessore, rigore, prospettiva.

Mentre i taxi del parcheggio, arrivavano e ripartivano, mi parlò di un progetto che coinvolgeva Santa Maria della Pietà – nello specifico il disagio psichico e dintorni, quindi – e della improvvisazione musicale come straordinario strumento di condivisione culturale ma anche di acquisizione identitaria, un fare la musica nel più proprio dei termini. 

Claudio Riggio ieri mi ha mandato il video di questa esperienza che da progetto poi è diventata realtà. Il video è bello, coinvolge e forse fa capire. Il progetto, realizzato il collaborazione con il Comune di Roma l’Ospedale Psichiatrico di Santa Maria della Pietà era incentrato infatti sul senso dell’abilità in ambito musicale, ovviamente. E – forse altrettanto ovviamente – il Comune di Roma ha tagliato i fondi alla prosecuzione del progetto. Il lavoro – mi scrive Claudio Riggio, girandomi il filmato – per il momento si interrompe. Mi verrebbe da rispondergli “forse”, ma è piuttosto dura, conoscendo un po’ Roma e il Campidoglio, anche se hai visto mai.

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