Logbook 81 – Il lungo viaggio

Enzo moriva il 18 maggio del 1988 e sembra, almeno a me, che sia successo ieri. Mi ritorna in mente – e sono oltre trent’anni – la sua ultima telefonata con una voce debole ma non sconfitta in cui mi raccontava che lui aveva sentito esplodere il suo tumore e poteva dire persino il minuto della sua vita in cui era successo. Era nel carcere di Bergamo, in fondo a un pozzo di disperata indignazione di fronte al linciaggio collettivo di un intero Paese che esibiva il peggio di sé fra invidie e assurdità giudiziarie. Quando gli comunicarono che era stata rifiutata la seconda richiesta di libertà provvisoria, sentì esplodere qualcosa dentro. Era assolutamente convinto che il suo tumore era partito da lì.

Mercoledì a Roma è prevista una maratona oratoria per ricordarlo. Si terrà davanti a Montecitorio e gli organizzatori – fra cui Roberto Giachetti e Francesca Scopelliti – mi chiedono di intervenire per quegli anni che ricordo benissimo. Cinquecento chilometri e passa da fare in una giornata ma assicuro loro che ci sarò perchè è giusto, soprattutto in momenti come questi, ricordare Enzo e con lui la giustizia, i linciaggi mediatici (e non so francamente dire, ci fossero stati i social, se la situazione sarebbe migliorata o peggiorata), le condizioni delle carceri, il coraggio di difendersi fino in fondo, fino alla fine, ma anche il coraggio dei pochi che lo affiancarono e che si batterono con lui, difendendo una idea di democrazia, di libertà, di giustizia.

Mercoledì prossimo dunque dalle 10 alle 18, per ricordare Enzo – e Silvia, senza la quale la storia è incompleta mentre avevamo tutti, in quei terribili momenti, l’impegno di tutelare per quanto possibile una giovanissima Gaia e non so neppure se ci siamo riusciti come avremmo voluto – ma soprattutto perché questa storia non sia solo passato ma possa contribuire a cambiare il futuro.

Gli anni ‘80 sono difficili da raccontare oggi e allora forse meglio raccontarli con le parole di allora ricorrendo a Frigidaire, il numero di gennaio-febbraio 1986. Sfogliando l’indice, fra l’altro, inciampo in un lungo bellissimo reportage di Augusto Ciuffini, con le foto di Marzio Marzot e Armando Manni, su alcuni poeti che raccontano la propria morte. Allen Ginsberg, Willam Burroughs, Anna Waldmann, Valerio Magrelli, Josip Brodsky e altri parlano in vita della loro morte perchè Frigidaire era una rivista così. In quel numero, cerco e trovo il resoconto di un viaggio – in realtà a ben vedere è un doppio viaggio – con Enzo. I disegni sono di un artista di quelli che si riconoscono alla prima occhiata perchè la matita è quella di Tanino Liberatore.

Enzo, ai tempi di quel viaggio a Pianosa, era uscito con coraggio e dignità – dignità era una parola che considerava centrale – da quel pozzo in cui lo avevano cacciato giudici e giornalisti criminali e stava facendo la sua parte perchè non potesse accadere ad altri quello che era accaduto a lui. Il suo viaggio, da questo punto di vista, continua. Purtroppo.

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