Logbook 100 – Ferian

Stavolta si parla del Ferian visto che siamo a cento e se lo merita. Oltre a essere un blog con cui navigare nello sterminato mare del web, è anche la barca da cui peraltro il blog ha preso nome.  Per inciso non ho idea perchè sia stata chiamata così dal suo primo armatore ma – a parte il fatto che solo un demente cambia nome a una barca, violando una antichissima regola del mare – è un nome che va benissimo anche se non è chiaro cosa voglia dire. 

Si tratta di un Gib Sea 372 del 1988, quindi è nato a La Rochelle, sulle sponde dell’Atlantico caratterialmente fra le più instabili e si vede. Barca sicura che sente il vento e si trasforma mentre la sua età sembra più essere un vantaggio che uno svantaggio. Una delle prime cose che mi disse un grande velista tarantino, quando stavo prendendo coscienza della necessità di avere una barca, fu di cercarla bene fra quelle prima degli anni ‘90, quando le barche erano fatte per navigare realmente. È in fondo il mito della nave di Teseo, sempre se stessa e sempre diversa perché la manutenzione è fondamentale, visto che per mare – come insegna Pulcinella – non ci sono taverne né tanto meno cantieri nautici. Ma in sintesi una buona barca, se é tale, resta tale per sempre se la si segue con attenzione e una certa dose di necessaria paranoia.

Me la fece conoscere, dapprima sulle pagine della sua rivista, Maurizio Anzillotti, grande esperto di barche nonché direttore es editore di Solovela, e poi la incontrai di persona a Traiano. Disegnata da una coppia storica della nautica francese – Joubert e Nivelt – aveva l’obiettivo di coniugare comodità. sicurezza, velocità e ci riuscì bene, visto che ancora oggi il mercato la ricerca, un po’ come accade – nonostante gli anni – per il Grand Soleil 39. Stratificata a mano con resine industriali di ottima qualità, paratie saldamente resinate allo scafo, madieri e longheroni stratificati sul fondo, i mobili pezzati allo scafo. Tradotto in termini più semplici, è una buona barca e la sua ricerca in un inverno di mare fra porti e marina diede poi vita a un libro, Boatpeople, che, quando uscì per Longanesi, fu uno dei più venduti nel settore di relativa nicchia del mare e di chi ama il mare.

La trovai a Riva di Traiano, un po’ trascurata ma ancora in forma. Era di fatto di due ammiragli nati e cresciuti in Istria, cresciuti fin da bambini su qualsiasi cosa che comunque galleggiasse e andasse a vento. Uno dei due era scomparso un anno prima e la barca si era fermata. Entrambi grandi marinai, una volta in pensione, con quella barca girarono il Mediterraneo, ospitando gente come Straulino e tanti altri marinai doc. Uno dei due è ancora un mito della vela italiana.

Mario Di Giovanni infatti, fra le altre cose, aveva stabilito con Gemini (con la g minuscola a poppa) – la barca a vela della Marina Militare, progettata da Andrea Vallicelli e realizzata nel cantiere cervese De Cesari – il record della Giraglia nel 1983. A loro e a un incredibile incontro in mare con il Vespucci – che Di Giovanni aveva comandato nel 1977 – è dedicata peraltro una delle cento storie di Di mare, barche e marinai, che uscì invece per Mursia qualche anno fa, nella più bella collana di mare che ci sia, la storica Biblioteca del Mare creata dallo stesso Ugo Mursia.

I due armatori del Ferian erano forse un po’ tirati, come tutti i veri marinai, così quando chiesi dove fosse il GPS, il vecchio ammiraglio che me la stava cedendo mi guardò con evidente sfiducia e mi ricordò che mi stava lasciando il suo compasso. Lo conservo ancora, anche se – lo confesso – in compagnia ormai di una decina di GPS. In compenso trovai cinque cavatappi e una marea di tappi di sughero che in barca fanno sempre comodo. 

Il Ferian ha il suo ormeggio di stazionamento alla Darsena Romana di Civitavecchia – uno dei porti più antichi del Mediterraneo da cui partì fra l’altro la flotta papale verso Lepanto – dopo qualche stagione a Riva di Traiano. Da qualche anno si è spostato temporaneamente sull’Adriatico occidentale, dove i suoi settanta metri di catena fanno un po’ sorridere a chi è di casa, anche se in Croazia – dove è più profondo – bisogna dire che fanno sempre un certo comodo.

La memoria inizia a girare e intravedi la scia di poppa. Genova d’inverno, passando per una Portovenere magica un ultimo dell’anno, e Lerici dove ogni volta ti risenti a casa appena cali la passerella, Venezia di notte e poi il Canal Grande ma anche Croazia, Corsica, le Bocche, la Sardegna – la cosa più vicina al paradiso per un marinaio che io riesca a immaginare – e la Gorgona e Capraia, l’Elba magnifica e l’Argentario con Giglio, Giannutri e l’ombra buia di Montecristo. Capo Linaro e la sua secca micidiale, Ponza di notte, le Eolie e lo Stretto di Messina con la corrente sottocosta che fa letteralmente volare la barca.

Il Golfo di Squillace – “che ai marinai non dà pace” – Crotone dove ormeggi a due passi da Rino Gaetano che ti guarda divertito dal suo monumento e Brindisi, sotto il Castello Svevo o Pescara dove entrare di notte è stato come percorrere un sentiero minato perché i porti adriatici sono condizionati dai fondali molto bassi ma anche il Conero alla fonda e Ancona dove fa compagnia il rumore dei treni e Pesaro, dove al Club Nautico Alceo con i suoi sa come organizzare un pranzo o una cena come si deve, quando arrivi alle ore più improbabili e tu invece sai che al Club Nautico sei sempre fra amici, come sanno esserlo i pesaresi.

Miglia e miglia, finché ci saranno mare e vento e barche e marinai. Buon vento!

Una opinione su "Logbook 100 – Ferian"

  1. Ho conosciuto anche io Maurizio e Stefano Anzillotti e anche loro padre, di cui mi sfugge il nome. Gente che ti faceva amare il mare.

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