Come volevasi dimostrare: niente quorum e i referendum sono saltati. Lasciamo da parte l’idiozia che erano troppo difficili. I testi devono essere approvati dalla Corte Costituzionale e se li scrivi come se fosse un quiz dell’Eredità, te li bocciano. Non è un concetto difficile da capire, insomma. Così come non è difficile capire che esiste una cosa che si chiama stampa, la quale ha proprio il compito di informare e di spiegare le cose più complesse. Servono per quello i giornali e i giornalisti che non a caso raccontano, documentano e spiegano solitamente cose ben più complicate di quei cinque quesiti.
Non prendiamoci in giro dunque. Nella potentissima corporazione della magistratura i timori erano molto forti e lo si vedeva. Probabilmente questa astensione è la conferma che questo Paese è malato dentro, incapace di riforme che non siano conseguenze di emergenze o di pressioni esterne. La giustizia continuerà a non funzionare – o meglio a funzionare a suo modo – trovandosi decine di alibi e di scuse. Certo, c’è la riforma Cartabia ma è una riforma imposta dall’Europa altrimenti i tempi e i percorsi sarebbero ancora più lunghi e tortuosi e comunque resta il fatto che finire nelle mani della giustizia italiana oggi è come giocare a una sorta di roulette russa e domani non si preannuncia migliore.
In ogni caso, domenica è andata così. Viene fuori ora – come sempre – tutto il possibile che doveva essere fatto, tutte le ragioni che non ragionano, cosa e chi è mancato, insomma dopo è sempre più facile. L’informazione sicuramente è stata un problema ma siamo proprio sicuri che la gente non fosse informata, che non sapesse dei referendum? Che non avesse modo, volendolo, di informarsi? Non sono più i tempi del divorzio dove il gate della televisione era difficile da superare e, oltre quel gate, non c’era modo di arrivare alla grande maggioranza del Paese. Oggi si muore semmai di eccesso di informazione e, se sicuramente non ha aiutato questo irresponsabile silenzio, c’è comunque da porsi qualche interrogativo su cosa sia questa Italia in perenne attesa, a ogni prossima tornata elettorale, dell’Uomo – o di questi tempi magari della Donna – della Provvidenza che si faccia carico dei problemi personali di ognuno, anche perchè questo sembra contare mentre il senso della cosa pubblica in Italia spesso sembra risultare risibile o incomprensibile ai più.
L’elenco dei rappresentanti della provvidenza è lungo, senza partire da grandi esempi storici che in fatto di provvidenza avevano le idee confuse e le compagnie peggiori, pronte com’erano a invadere la Polonia o la Francia. Guardiamo invece al passato prossimo. Grillo? Salvini? Renzi? Veltroni? Berlusconi? Di Pietro? Segni? E sono solo alcuni dei nomi che in ogni elezione arrivavano puntualmente, portati da sondaggi più o meno farlocchi, per lanciare, mesi o anni prima, il personaggio che avrebbe cambiato o che cambierà le sorti di un Paese che non vuole cambiare, non vuole fare, non vuole capire ma soltanto aspettare, trovare alibi e foglie di fico, nuove scorciatoie e vecchi clientelismi. Cambiare mai perchè, alla fine della fiera, il chiagne e fotte partenopeo è saggezza popolare e bandiera nazionale.
Dato che ci siamo, dal Vesuvio andiamo su verso le Cascine per un altro esempio di saggezza popolare. E’ una citazione di quarta mano – e me ne scuso – ma i passaggi sono diretti e i testimoni sono doc. All’origine c’era la mamma di Ernesto Rossi – da lui sempre ricordata in queste circostanze – e poi il figlio che al giovane e già molesto Marco Pannella riportava la frase materna. Marco – quante volte mi è capitato di sentirglielo dire – quando citava Ernesto Rossi, in questo caso indossava non benissimo l’accento toscano tipico di uno dei nomi più importanti dell’antifascismo e della nascita della Repubblica Italiana e partiva con “La mi’ mamma mi diceva sempre fai quel che devi e accada quel che può”. Se ci hanno campato tutta una vita su una frase così due come loro, allora possiamo camparci nel nostro piccolo anche noi.
