Per chi va a vela, la Croazia è ideale, essendo fra i domicili marini preferiti dal vento. C’è sempre vento infatti che muove, che fa navigare e spesso il mare non lo accompagna, rimanendo relativamente tranquillo. Duemila isole, un mare che la Storia ha preservato e forse è tragico pensare per inciso che i più bei luoghi di mare oggi sono restati tali solo perchè consacrati al dolore o al potere. Isole come Pianosa o l’Asinara erano luoghi di orrore e oggi il loro mare e le loro coste – preservate proprio da quelle destinazioni – si sono salvate dallo scempio cementizio e dall’inquinamento che hanno distrutto migliaia di chilometri di coste italiane cioè le più belle e più storiche località di mare del mondo.
La Croazia ha ancora un mare e una politica del turismo (a volte magari eccessivamente ma comprensibilmente protezionista) che funzionano. A ciò si aggiunga che mentre il turismo nautico in Italia è considerato ancora roba da fighetti ricchissimi o squattrinati – quest’ultimo solo apparentemente un ossimoro – e le barche per lo più sono case al mare che escono solo in momenti eccezionali, in Croazia hanno capito che le barche portano soldi e inquinano meno. Insomma la Croazia merita via mare tranne che…
Il “tranne” è dovuto, anche se ormai solo per qualche mese, all’entrata nell’UE. Infatti oggi le procedure di ingresso e di uscita sono piuttosto complesse, se si arriva via mare, e se hai pochi giorni disponibili sono una gran rottura di balle. Navighiamo tutto mercoledì notte e arriviamo all’alba a Pola. Il porto è grande e protetto. Pola ha un vantaggio rispetto a altri porti cioè che te la cavi con un solo ormeggio, se ovviamente non devi fare anche carburante. Sette poliziotti aspettano i documenti di barca e equipaggio che lo skipper porta rigorosamente da solo al piccolo ufficio sulla banchina mentre l’equipaggio resta rigorosamente a bordo, non potendo toccare il suolo croato prima della registrazione.
Così porti i documenti poi vai a piedi alla Capitaneria dove fai altra pratica e paghi non ricordo più cosa. Ma non è che è finita così perchè c’è anche la tassa di soggiorno e la puoi pagare solo via web. Dal 1 gennaio 2023 finalmente tutto questo cinema dovrebbe finire e è una delle molteplici anche se fra le minori ragioni per cui attendiamo con ansia che finisca questo anno piuttosto complicato. Torni e chiedi se ti fanno lasciare dieci minuti la barca per un caffè – abbiamo navigato tutta la notte, con piovaschi in partenza magari rinfrescanti ma certamente fastidiosi – e ti guardano come e gli avessi chiesto di uscire con la sorella. Al che andiamo a fare carburante che non si sa mai e il gigante barbuto, titolare dell’esercizio, ci concede un quarto d’ora dopo avere fatto il pieno.
Ora occorre considerare che il Mediterraneo ha la più antica moneta di scambio esistente al mondo ancora in corso e la Croazia non fa eccezione. In questo caso, trattasi di bottiglione gelato di birra 7Luppoli La Fiorita – Premiato Birrificio Angelo Poretti che, passando per andare al bar, allunghiamo con un sorriso al tizio che la accetta volentieri, sorridendo anche lui alla vista, e conseguentemente chiamandoti “capitano” che è come la camicia bianca con cravatta a Roma che ti garantisce la qualifica di dottore – anzi di dottò – automaticamente.
Colazione all’ombra del fratello minore del Colosseo che però a differenza del fratello più grande ha mantenuto più pezzi originali, non essendovi forse da quelle parti famiglie romane come i Barberini che lo utilizzavano come cava. E qui il classico è d’obbligo e il classico è Pasquino, “quello che non hanno fatto i Barbari, lo hanno fatto i Barberini” che appunto avevano scambiato il Colosseo per una cava di marmi. Insomma caffè poi si riparte. L’equipaggio – Francesca, Michele, Gabriele – si comporta bene anche se, quando capita di evocare prua e poppa, gli sguardi sono un po’ persi ma ascolta, impara subito e bene. Per inciso si pensa che in barca tutti debbano essere esperti, il che aiuta ma non è detto che sia l’unica ipotesi. L’importante è che si abbia voglia di navigare, di stare insieme quanto basta e di avere uno skipper minimamente decente anche perchè, come dicono i marinai bretoni, pochi possono dare del tu al mare e quei pochi non glielo danno. Quindi mai avere paura di non essere di aiuto su una barca se si ha voglia di navigare e diffidare dei comandanti che si sentono l’ammiraglio Nelson, il quale peraltro i primi giorni di navigazione soffriva come un cane di mal di mare
Gavitelli a Ulinje e la notte si passa in rada. I gavitelli sono una comodità che in Italia ancora risulta difficile da accettare. Prolificano meglio quelli abusivi che comunque finiscono sequestrati. In Croazia invece ci sono e sono legali e controllati. A volte sono fondamentali perchè noi per esempio avevamo un fondo di dodici metri e la catena (da tre a cinque volte la profondità mentre la categoria dei paranoici nautici cui mi onoro di appartenere arriva anche a sei sette volte la profondità). Con quindici metri dunque si dovrebbero dare sessanta metri di catena, dormendo con un occhio solo comunque e quindi il gavitello diventa fondamentale. Per inciso, vale sempre la regola che la cima deve passare sotto la boa di plastica – insomma dove c’è la catena – altrimenti la barca è ancorata alla plastica, cosa non esattamente sicura. Sembra stupido ripeterlo ma fateci caso quanti ci provano, appena arrivati in una baia.
Da lì a Ilovik, in un mare limpido che oscilla perplesso fra azzurro, verde e blu. Al tramonto arrivano prima il giovane esattore per il gavitello che raccoglie anche la spazzatura e subito dopo un cafonazzissimo yacht – diciotto metri a motori – con luci blu subacquee e musica a palla. In compenso dà poca catena all’ancora, il che come si diceva qualifica la vicenda e chiude il discorso, nonostante il fascino perverso che esercita su parte dell’equipaggio. Il silenzio che arriva dalle altre barche, tutte a vela (o forse un diretto intervento di illuminazione da parte degli Dei del Mare) fa in modo che la cosa non si prolunghi e dunque si può andare a dormire.
Dogana di uscita a Lussinpiccolo e arriviamo con ventone al traverso. Ormeggiamo tranquillamente al posto di polizia ma prima fatichiamo un po’ al molo dei transiti – uno dei pochissimi che non abbia protezioni di qualche natura per le barche e basterebbero sei copertoni usati – e comunque una grossa mano arriva dalla marina venera. Due fly con il leone in campo rosso infatti ci recuperano a terra le cime di ormeggio. Si riparte con un buon mare e un buon vento per arrivare alle tre di notte a Rimini, città dove comunque l’idea di dormire, almeno in estate, è considerata una simpatica eccentrica stranezza.






