Logbook 141 – Paz

Fra le immagini nel logbook di questi giorni, inciampo in una inquadratura. Un prato, un amico alto e sottile, capelli lunghi, il sorriso perfido e tipico delle persone buone ma cattivissime. 

Il primo incontro non lo ricordo per la verità. Bologna, ’77, Zut, Piero Lo Sardo e tutti gli altri. Poi il Male e Frigidaire e già lì ho qualche ricordo in più. Poi le interviste televisive. Non ce ne sono molte, tanto che Rai3 ci chiese proprio quella sul prato che poi era Villa Borghese con un vento in sottofondo che l’antivento rudimentale del microfono non riusciva a filtrare.

Parlammo per quasi un’ora seduti sul prato e quella intervista – come tante altre che oggi sarebbero testimonianze preziose – purtroppo è sparita quando è sparito l’archivio di Teleroma 56. Si sono salvati quei pochi minuti su YouTube, forse proprio grazie a Marco Giusti e a Rai3.

Un’altra volta venne in studio da noi alla Balduina. Avevamo elaborato un format semplice ma efficace. Un ospite e le due redazioni, quella sportiva e quella diciamo normale – e qui si potrebbero scatenare varie facili ironie giornalistiche – che lo intervistavano. Poteva quindi capitare che chi seguiva la politica o la cronaca dovesse fare una domanda a un campione sportivo e viceversa. 

Erano tutti personaggi di primissimo piano. Ricordo Sandra Mondaini che parlava della sua non maternità credo per la prima volta in TV, Oscar Luigi Scalfaro – allora Presidente della Camera, Gianni Rivera (con lui é l’unica volta che ho visto Sandro Piccinini non proprio emozionato ma quasi davanti a un ospite) e tantissimi altri. Eravamo in tutto in studio otto dieci giornalisti a fare domande e quindi i tempi erano veloci.

Andrea Pazienza era a Roma e gli chiesi di partecipare anche lui al programma. Registravamo nel primo pomeriggio e lui arrivò un po’ prima così andammo a prenderci un caffè. Accanto al bar c’era una cartoleria. Come sempre entrò subito – ovunque e comunque le cartolerie erano per lui un richiamo della foresta – e dopo una perquisizione accurata della merce esposta comprò un blocco grande da disegno e dei pennarelli. Andrea quando era nervoso disegnava, quasi senza guardare il foglio, e davanti a una telecamera era sempre nervoso.

Entrammo in studio. Uno dei giornalisti sportivi, vedendolo, sentii che si informava piano chi fosse. Il nome non gli disse evidentemente granchè (era uno di quei giornalisti che oltre il calcio, il vuoto, per capirsi). L’unica cosa che comprese, credo, è che lo avevo invitato io e quindi si fece l’idea immagino che stessi facendo un piacere a un amico un po’ sfigato – il look di Andrea non é che fosse mai particolarmente curato – dandogli un po’ di visibilità.

Conduceva quella volta Mauro Mazza che invece capisce parecchio sia di calcio che del resto e partimmo. Come sempre chi aveva invitato faceva la presentazione dell’ospite quindi toccò a me. Presentazione breve e via con le domande. Mano a mano che le domande arrivavano, Andrea rispondeva e mentre parlava disegnava in continuazione, senza guardare il foglio, facce, animali, panorami bellissimi.

Arrivò il turno del giornalista che non lo conosceva. Con un po’ di supponenza gli chiese secco “Bel lavoro Andrea ma in sintesi tu quanto guadagni al mese?”. Intervenni allora io – forte del mio ruolo – anticipando Mauro. Dissi che forse era meglio non porre la domanda in quei termini. Potevamo per esempio chiedergli, dissi, quanto potesse valere un suo disegno originale oggi.

Andrea con aria indifferente rispose “Mah di solito un milione e seicentomila lire, un milione e sette”. Con la lira di allora era un bel po’ di soldi. Il giornalista a quel punto rimase come folgorato mentre i suoi occhi contavano – con gli occhi di Paperone a forma di dollaro – quella decina di disegni che Andrea aveva fatto in pochi minuti, dall’inizio della trasmissione. Cambiò immediatamente atteggiamento ma era già il turno della domanda successiva. 

Per la cronaca alla fine Andrea regalò a tutti i presenti – tranne al sottoscritto che si fece signorilmente da parte e ancora si pente – i disegni che erano sul tavolo con relativa dedica. A questo punto non resta da indovinare chi fu il primo della fila. Facile, vero?

Era straordinario – sia come persona che come artista – e la vita la ha vissuta tutta fino in fondo come voleva lui. Sembra ieri.

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