La sala del monastero cinquecentesco di Santa Chiara a Vibo Valentia è piccola ma affollata. Francamente non mi aspettavo tanta gente in un insolitamente gelido pomeriggio invernale calabrese, accorsa per vedere le gigantografie di una serie di documenti del Fondo Camilleri e a ascoltarmi mentre parlo di Andrea.

Il viaggio era stato non esattamente felice. Il blocco del trenino che da Bologna porta all’aeroporto più le relative file per arrivare al volo riescono a farmi perdere il volo dell’una. Ma poiché c’è un dio – o più probabilmente un demone – attivissimo nell’ambito degli spostamenti in Italia, il medesimo aereo arriva con un ritardo di due ore quindi torno giovane, accampandomi per terra in aeroporto insieme a altre decine di malaugurati viaggiatori. Il tutto per dire che se volete spostarvi in questo periodo, meglio essere preparati sia fisicamente che psicologicamente.

Tornando alla serata – organizzata dal Sistema Bibliotecario Vibonese – che si articola in due giorni, ieri, sollecitato dalle domande di Brunello Montagnese, giovane scrittore vibonese, ho raccontato come potevo Andrea e la nostra amicizia. Un’ora con un pubblico attento, presente e ottimo conoscitore dei suoi libri, in cui si sentiva l’affetto per un autore che sapeva creare con i suoi lettori quel legame particolare che sa appunto di affetto e amicizia, pur senza una conoscenza diretta. Solo i grandi scrittori, quelli veri e non quelli che una critica letteraria spesso spocchiosa, saccente e parziale, sancisce come tale. A Andrea comunque sarebbe piaciuto quel pubblico.

Stasera, va in scena invece il mondo dei poliziotti veri che si confronta con il commissario Montalbano e i suoi metodi, attraverso l’esperienza del Questore di Vibo Cristiano Tatarelli, uno sbirro – come si definiva uno storico commissario come Rino Germanà – che il mondo delle inchieste lo conosce bene.

Profonda invidia per chi ha conosciuto Camilleri. Felice di poterti leggere.
Grazie.