Giancarlo Basile era un uomo di mare. Non mi viene in mente altro per definirlo perché uomo di mare è cosa che descrive non una persona ma un mondo intero. Vuole dire rispetto della natura e soprattutto del mare, umiltà e coraggio, sapienza e invenzione sia nella testa che nelle mani, cuore e coscienza.
Basile ha rappresentato anche qualcosa di oltre perché la sua attività di divulgatore per tutto ciò che riguarda la navigazione ha costruito intere generazioni di naviganti. Nei suoi scritti, come nella vita, era molto rigoroso. Le comodità per mare lo convincevano poco, generazione com’era di compasso e non di plotter e gps. Il fiocco si sostituisce, non si rolla, anche se a volte capita ma mai e poi mai l’aberrante randa avvolta all’interno dell’albero. In ogni caso però si teneva al corrente delle ultime follie dell’elettronica e se serviva le usava, sapendo però benissimo farne a meno in emergenza. Che poi per mare l’emergenza, piccola o grande, è compagna e a volte anche amica.
Scriveva di mare, come non molti purtroppo in Italia, e ne scriveva bene sia che fossero saggi o manuali o il racconto di una vita per mare come la sua. “Ricordi di mare e di vela” resta fra i libri più belli, sicuramente pari a quelli di Éric Tabarly, di Moitessier, di Knox-Johnston. Non sono mai stato in barca con lui ma so che lui sulla mia barca c’è stato più volte, regatando con Mario Di Giovanni, con Agostino Straulino e con tanti altri ufficiali di Marina che la vela la conoscevano bene. So anche che in barca era esigente soprattutto sulla sicurezza e sulla tecnica, che aveva imparato bambino.
Mancherà soprattutto quella sua scrittura. Gli appuntamenti puntuali su Bolina, le sue conferenze, le chiacchierate in porto o in pozzetto che tanti suoi amici – penso a Gianni Bernard – mi hanno raccontato. I marinai non muoiono, cambiano mura, si dice, ma la sua scrittura mancherà. Bello sarebbe ricordarlo con un premio che abbia il suo nome e che aiuti sempre di più a scrivere di mare, argomento antico e infinito.
