L’ammiraglio Ferdinando Sanfelice è un caro amico. Sciabola d’onore in Accademia a Livorno – e chi sa cosa vuole dire, sa cosa vuole dire – poi una carriera che lo porta ai vertici della Marina e attualmente un impegno di studioso che lo rende fra i massimi esperti di geopolitica e di strategia militare che ci siano in circolazione.
Nel corso della conversazione che abbiamo fatto per i programmi dedicati al Mediterraneo su RR, a un certo punto mi fa notare una cosa che con superficialità avevo sempe sottovalutato. Mi ricorda infatti un verso dell’Inno degli Italiani di Mameli “noi siamo – poi trasformato in un meno feroce fummo – da secoli calpesti e derisi perché non siam popolo, perché siam divisi” e il problema mi accorgo che è tutto lì e viene fuori anche in questo tragico periodo.
L’Italia fatica a essere Nazione, con buona pace di Giorgia Meloni, perchè le fazioni, gli schieramenti, i tradimenti, le badogliate, purtroppo sono nel nostro DNA. L’unico momento unificante fu un breve periodo interno alla Prima Guerra Mondiale in cui nelle trincee, per esempio, si imparava l’italiano per capirsi meglio fra commilitoni.
Siamo fazioni e faziosi quindi non sappiamo fare squadra ma nel peggiore dei casi mafie e mafiette, l’unica vera forma istituzionale che appartenga alla nostra cultura. Magistrale la lezione di Ivano Marescotti in merito, visto che sotto certi aspetti l’umorismo è lo strumento più serio per capire. È vero che da romagnolo doc utilizza la Romagna ma non pensiamo che sia diverso in qualsiasi altro territorio sedicente italiano. Siamo così? Allora tanto vale rivedersi il Professor Marescotti che sa perfettamente di cosa parla.

“Saranno sei, sette chilometri…” Ahahah! (esemplare). Che gli italiani siano intrinsecamente razzisti? Forse solo provinciali.