Logbook 243 – A ‘mbecilli

Lo incontrai una sola volta con la moglie Erminia che poi rividi dopo che Manfredi era scomparso. Nino Manfredi era diverso dai suoi personaggi in cui si annullava al contrario di Sordi, amico e antagonista, in cui il personaggio rischiava ogni momento di annullarsi in quella faccia che Flaiano definiva non a torto a uovo sodo. Ero con Marco, di sera, non ricordo se a Torre Argentina o in tv. Manfredi doveva girare uno spot o qualcosa del genere per un referendum o una campagna elettorale, chi se lo ricorda più.

Gentile senza mai abbassare la guardia, disponibile ma intenzionato a dire quel che pensava, fu un incontro durato qualche ora che ci vide impegnati sulla produzione del video. Ricordo che indossava uno dei suoi tipici maglioni credo di Missoni che davano allegria solo a guardarli. Nino Manfredi sorrideva, parlava, raccontava, controllava e nel caso faceva modificare l’inquadratura – anche Claudia Cardinale, splendida nella golden age, lo ha fatto almeno una volta e ne sono testimone diretto – insomma riempiva lo spazio e persino Marco lo osservava discreto.

Trovo nella piccola libreria dell’Atlante, un libro che il figlio Luca dedica al padre e lo prendo. Manfredi fa sorridere anche solo a ricordarlo e molti suoi film fanno parte di una storia personale per moltissimi della mia generazione. In realtà il libro non lascia nel chiuderlo totalmente soddisfatti. C’è una serie di episodi noti e inediti che ne raccontano la storia. C’è la dimensione umana e paterna che pesa nell’autore in cui si intravedono amorosi rancori che a volte pesano per un lettore esterno più di quanto dovrebbero. Resta comunque una storia, un filo, un volto, una voce che ci appartengono a tutti. E’ uno di quei libri in cui ti chiedi se non sarebbe stato meglio forse rileggerlo e rileggerlo ancora, prima di consegnarlo all’editore, nel qual caso, sia l’attore che il padre lo avrebbero meritato.

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