Tempi strani dove, per sintonia con loro, vado a recuperare Le Carrè che forse può spiegare, sia pure a distanza, tante cose di oggi. I suoi sono libri in cui la realtà si mescola con la fantasia ma alla base c’è un mondo di spie che Le Carrè conosce bene per averlo frequentato e sa ricostruirlo magistralmente. I tempi non sono poi molto cambiati su questo versante, se non per le tecnologie.
Rileggo Tutti gli uomini di Smiley. Me lo aveva suggerito, entusiasta come raramente lo avevo sentito, Tano D’Amico quando vivemmo insieme la Beirut incendiata del settembre 1983. Mi aveva detto leggilo – perchè – è – un – libro – straordinario e me lo disse proprio in quella Beirut affollata da gente con la barba posticcia, che imparai allora a conoscere e riconoscere. Per inciso incontrai lì (ovviamente) il capitano Corrado Cantatore che divenne un amico così come mi divenne familiare il suo basco azzurro appoggiato sui tavoli più strani di una città che sa farsi amare nonostante tutto.
Tornati in qualche modo in Italia, fu il primo libro che andai a cercare e a leggere e ancora adesso mi capita di rileggerlo, trovando ogni volta qualche elemento nuovo che lo rende attuale. Un altro Le Carrè, una copia de La tamburina, la vidi invece diversi anni dopo fra le mani di Marco e mi stupì perchè non pensavo leggesse un autore del genere. Eravamo in Abruzzo fra comizi e riunioni, sempre di corsa, tranne quando improvvisamente letteralmente mi dirottava e ci infilavamo con la macchina in strade che portavano a piccoli centri che voleva ritrovare o rivedere. Allora tornava a parlare abruzzese con la gente e aveva il piacere di farlo.
Teramo, la sua Teramo, era la meta finale quando non era la partenza. Una volta arrivammo in città che era questo periodo e vedevo sulle vetrine dei negozi un cartello per me singolare. “Vendesi virtù” diceva e francamente a me risultava piuttosto incomprensibile questo commercio perverso di buone qualità.
In realtà – mi spiegò lui peraltro con aria disgustata per la mia abissale ignoranza – le virtù teramane sono un piatto tradizionale, una sorta di complicatissima zuppa, fatta con ciò che resta nella madia dell’inverno quindi avanzi di legumi, di vari tipi di pasta e quant’altro. Deve essere pronta per essere condivisa tutti insieme il 1 maggio, quando l’inverno è ormai definitivamente alle porte, anche dove se ne va un po’ più tardi. Bei tempi mentre oggi mi sento il Dottor Divago, come si autodefiniva Marcello Marchesi. Sarà la stagione.
