Cammino spesso per Via Baglioni e, ogni volta che ci passo davanti, mi fermo a osservare la lapide. È alta e occorre avere vista buona per leggerla, ma per leggerla si legge. La storia, scrostata la immarcescibile retorica epigrafica, è una storia vera e fa pensare. Un ragazzo di venti anni viene chiamato alle armi. Interrompe gli studi di Economia e Commercio e nel 1941 finisce tenente nei Balcani al 129mo Reggimento Fanteria “Perugia”. È un amministrativo e deve gestire le risorse finanziarie del comando di reggimento.
L’8 settembre del 1943 come ovunque la situazione precipita anche lì. Il Reggimento si difende ma i tedeschi li prendono dopo poche settimane. Gli ufficiali vengono condannati a morte e fucilati a cominciare dal loro comandante, il colonnello Gustavo Lanza. Ma Betti no, dicono i tedeschi, lui niente fucilazione, niente morte perchè lui uomo di penna, non uomo di armi. Così dicono loro però Rodolfo Betti fa subito la sua scelta e decide di farsi fucilare insieme agli altri ufficiali, cosa che puntualmente avviene, e cade nel mucchio di cadaveri, cadavere anche lui come gli altri.
Una piccola storia vecchia inchiodata nella pietra insomma ma che potrebbe essere anche cartina tornasole oggi, in tempi in cui l’onore – cioè fare la propria parte fino in fondo – non è che poi vada tanto di moda. Così ci sarà certamente qualcuno pronto a sostenere che Betti è stato un fesso, che aveva la vita salvata, e qualcun altro che preferirà tacere e pensarci appunto sopra, perchè non è facile immaginare cosa ognuno di noi avrebbe fatto al suo posto. E comunque – sia come sia, visto che decisioni del genere sono strettamente personali – il mondo è bello perché è vario e ogni lapide a saperla leggere merita un momento.

Rodolfo Betti ha tenuto fede al suo giuramento di ufficiale. E un ufficiale è un ufficiale sempre, che impugni la penna o la spada. Grazie, Carlo, per averlo ricordato, in rappresentanza dei – per fortuna – molti come lui. Voglio credere che ne esistano ancora, perché purtroppo finché esistono orchi, abbiamo bisogno di eroi.