Logbook 8 – Ricordi di Gassmann

Paola Gassman ricorda oggi sul Corriere una delle più belle battute che il padre amava citare. Quando Diletta aspettava Jacopo, “figlio autunnale”, Ugo Pagliai disse a Paola: “Va bene che tu, alla nostra età, aspetti un fratello ma ci pensi che io aspetto un cognato”. E qui Vittorio scoppiava a ridere.

Eravamo seduti da Rosati, a Piazza del Popolo – quindi la sua casa era già stata rimessa a posto e aveva abbandonato il residence di Ponte Milvio dove la famiglia attendeva la fine di lavori che sembravano eterni. Era una delle persone più timide che mi sia mai capitato di incontrare e la sua umanità veniva fuori insieme al bisogno disperato di essere capito, di essere amato che poi per lui – e forse non solo per lui – erano la stessa cosa.

Ci eravamo conosciuti quando, grazie a Maurizio Costanzo che ci aveva messo a disposizione il Parioli, organizziamo una serata in teatro contro la pena di morte. Saliranno sul palco Giorgio Albertazzi con una Paolo e Francesca straordinari ma anche Domenico Modugno e tanti altri. Vittorio dietro le quinte montava smontava la scaletta poi, cambiati rapidamente i panni di apprendista regista, indossavo quelli di galoppino per dare le indicazioni in platea agli artisti o meglio agli amici che avevano dato la loro disponibilità. Fu una esperienza straordinaria oltre che una fra le più brevi e intense lezioni di regia teatrale che si siano verificate sull’intero pianeta.

Leggi Paola e ti tornano in mente tante cose di Vittorio Gassmann. Quel suo enorme cappotto di lana pesante bianco e nero – strano ma elegante perché qualsiasi cosa indossasse diventava elegante – appeso all’attaccapanni di un altro dei suoi preziosi rifugi, una piccola famosa trattoria dietro via Veneto. Jacopo, ormai già grande anche come cognato, dedicò al padre un bellissimo ricordo cinematografico (La voce a te dovuta, 2001) che grazie a Diletta D’Andrea – una delle donne più straordinarie che mi sia capitato di conoscere – presentammo una sera di neve ad Aosta, nella sala della Regione. Tante lezioni apprese ma soprattutto quella – non facilmente intuibile vedendo il personaggio che si era creato – di quella sorta di umiltà laica di chi è veramente grande e non ha bisogno di dimostrarlo a nessuno.

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