I sonni più belli si fanno in barca, anche se di fatto una parte del cervello, collegata con un orecchio, riposa poco. La rada poi, quando il mare collabora fraternamente – Hikmet, naturalmente – e la linea di ancoraggio è ragionevolmente sicura, è il massimo. Magari qualche risveglio brusco capita pure.
Una volta, davanti ai grattacieli di Cervia – in porto non c’era fondale sufficiente per entrare – due o tre giorni prima di Natale, con il mare forza olio, ci sveglia un clacson. Ci affacciamo e la ognitempo della CP – Charlie Papa per il vhf – ci controlla i documenti. Eravamo preoccupati, ci dicono i tre marinai. Abbiamo controllato e siete gli unici in rada in tutto l’Adriatico settentrionale. Ringraziamo e, prima di salutarci, chiediamo se possiamo mandare una bottiglia a chi farà il turno della notte di Natale.
Oppure, a proposito di risvegli, a Rondinara, un piccolo, bellissimo porto naturale della costa orientale corsa, dove alle tre di notte un corno da nebbia sveglia tutti – l’imboccatura della baia è strettissima – perché un bestione di catamarano ha dato poca catena e sta vagando in slalom fra le barche. Capitano cose così però generalmente si dorme bene, sia pure con attenzione.
Uno dei luoghi naturali per questo, almeno per la mia barca, è la Feniglia, la spiaggia che unisce l’Argentario ad Ansedonia. Se il mare aiuta, con quaranta o anche cinquanta metri di catena alla CQR – ancora storica e, se originale e della misura giusta, una garanzia – sei davanti a uno dei posti più magici del Mediterraneo. Le folle di bagnanti lasciano la spiaggia al tramonto e qua e là si vede qualche fuoco sulla spiaggia poi si spegne tutto e resta il rumore del mare e la luce del cielo. Porto Ercole sembra un presepio mentre Ansedonia più in là è buia e lontana. Altrettanto affascinante è la rada di Portonovo al Conero, facendo molta attenzione alla pericolosissima, lunghissima lama di cemento che affiora appena a pelo dell’acqua sul lato nord della baia. I Travi vanno presi con ampio margine, se non si conosce il posto. Tornando alla Feniglia, Michelangelo Merisi ci muore nell’estate del 1610, impazzito di febbre mentre cerca una barca che lo riporti a Roma ed è facile immaginare questa spiaggia come era allora perché poco è cambiato.
Si dà una ultima controllata all’ancora e alla catena, si sciacquano le tazze con l’ultimo rum e si va a dormire in cuccetta, torcia e orologio sottomano. Certo anche il coltello ma gli armatori paranoici sanno di avere sempre e anche un coltello al piede dell’albero e un altro a poppa accanto al timone. Non si sa mai in barca. Non si sa mai.
Hoşçakal Kardeşim Deniz
İşte geldik gidiyoruz
hoşça kal kardeşim deniz
biraz çakılından aldık
biraz da masmavi tuzundan
sonsuzluğundan da biraz
ışığından da birazcık
birazcık da kederinden
bir şeyler anlattın bize
denizliğin kaderinden
biraz daha umutluyuz
biraz daha adam olduk
işte geldik gidiyoruz
hoşça kal kardeşim deniz…
Arrivederci fratello mare
Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare
mi porto un po’ della tua ghiaia
un po’ del tuo sale azzurro
un po’ della tua infinità
e un pochino della tua luce
e della tua infelicità.
Ci hai saputo dire molte cose
sul tuo destino mare
eccoci con un po’ più di speranza
eccoci con un po’ più di saggezza
e ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare…

Una opinione su "Logbook 14 – Questione di sonno"