Logbook 28 – Le difficoltà di dire grazie

Non conosco le vicende specifiche ma i contesti li ho già visti e rivisti. Jannik Sinner liquida il suo storico coach Piatti che lo segue da quando aveva tredici anni. I Måneskin dopo aver trionfato in Italia, in Europa e ovunque liquidano la loro manager Marta Donà e si affidano a un altro professionista. Tutto legittimo, intendiamoci. Liberi loro, liberi tutti. Però un po’ di amaro resta o dovrebbe restare se si pensa che certi legami – quelli personali che devono essere altra cosa rispetto a quelli professionali – non possono essere rimossi come un’auto in sosta vietata. Dei ragazzini in formazione, pieni di dubbi e arroganze, trovano dei “grandi” che credono in loro, che danno loro fiducia. I tempi poi maturano per tutti e – forti della lezione freudiana – si va a eliminare il padre per sentirsi pienamente liberi di vincere o di perdere. Ci auguriamo che sia per Sinner che per i Måneskin i rapporti umani restino salvaguardati.

Storia vecchia, in ogni caso, che spesso capita anche nelle coppie. La prima moglie o il primo marito (poco importa, anche se al momento la statistica sembrerebbe a favore delle donne) sono quelli che formano, che danno fiducia, che aiutano a rischiare quando la paura di buttarsi è tanta. Poi arriva il successo – magari molto breve – e si cambia. È la storia emblematica di Hadley Richardson che sposa un giornalista più giovane di lei di otto anni. Lo segue a Parigi, lo aiuta in tutti i modi e nasce un figlio che sembra legarli ancora di più. È lei che lo spinge a lasciare il giornalismo e a percorrere la improbabile strada dello scrittore che finirà per portarlo al Nobel e a una fucilata in fronte. Primi tempi da fame, dando persino certi giorni la caccia ai piccioni del Luxembourg per sfamarsi, poi appena cominciano a arrivare i primi segni del successo e della sicurezza, le cose cambiano. La solita amica ricca – le nuove amicizie dovute ai primi successi – e Hadley scompare anche se il rapporto fra i due resta più solido rispetto alle altre due successive mogli, l’una ricca, l’altra giornalista eterna competitor. Resta un bellissimo libro postumo, pubblicato integralmente per la prima volta recentemente, su la loro storia e gli anni parigini, quando Parigi era una moveable feast esattamente un secolo fa.

Insomma giusto allontanarsi se circostanze o convinzioni lo richiedano ma la memoria di ciò che si è ricevuto – perché quel che si è dato non ci appartiene più – quella sarebbe meglio salvaguardarla. La gratitudine è roba complessa che, come gli occhi azzurri, o hai nel DNA o non ce l’hai. Viene in mente Winston Churchill – non il suo magistrale interprete Gary Oldman – ma proprio lui, quello vero. A un giovane deputato del suo gruppo parlamentare che lo attaccava regolarmente, gli chiese un giorno, levandosi l’eterno sigaro dalle labbra: “Mio giovane amico, mi chiedo che cosa io le abbia mai fatto di così bene che lei mi vuole così male?”. 

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