La Roma moderna, come noto, ha due poeti. Il primo è Giuseppe Gioacchino Belli, che ascoltava, interpretava e eternava nel bene e nel male il popolo romano. Belli è la voce di Roma, una Roma che non è vero sia sparita e per rendersene conto basta rileggerlo oggi a caso, a apertura di libro. È una Roma abituata da sempre ai luoghi del potere, reali o metaforici che siano, a saperlo riconoscere questo potere, ricordando che nella Città Eterna non è il comportamento ma é chi lo fa a renderlo un crimine o meno. Il che oggi, con la attuale giustizia italiana, non è neppure una stranezza giuridica.
Le guardie del Papa Re trovano un prete in un bordello clandestino . È un reato e il prete deve essere scortato in prigione. Giuseppe Gioacchino Belli comincia a raccontare la storia:
Er bordello scoperto
Intrato er brigattiere in ner bordello
Je se fa avanti serio serio un prete.
Disce: “Chi ssete voi? cosa volete?”
Disce: “La forza, e pportà llei ‘n Castello.”
Disce: “Nu lo sapete, bberzitello,
Co cchi avete da fà? nnu lo sapete?
Aspettate un momento e vvederete,
E ttratanto cacciateve er cappello.
Appena poi che ll’averete visto,
Dite a quer zor Vicario der guazzetto
Ch’io nun conosco for ch’er Papa e Ccristo.”
Detto ch’ebbe accusì, sse scercò addosso,
Arzò la su’ man dritta sur zucchetto,
Se levò er nero e cce se messe er rosso.
L’altra voce poetica di Roma è Trilussa. Lui non riporta Roma, a differenza di un testimone impegnato come Belli. Trilussa è Roma, la inventa, la interpreta, la adatta. Un filo del più puro cinismo romano, condito di tanta ironia e molta attenzione al presente. Anche i tempi di Trilussa erano rischiosi per i poeti, come quelli del Belli, ma, mentre Belli sfotteva il papa e si divertiva – con l’alibi che non era lui ma i romani a sfotterlo – Trilussa correva gli stessi rischi con maggiore attenzione, visti i tempi di regime in cui viveva. Saggezza un po’ amara e il cinismo romano si stemperano con il sorriso della Maschera:
La Maschera
Vent’anni fa m’ammascherai pur’io!
E ancora tengo er grugno de cartone
che servì p’annisconne quello mio.
Sta da vent’anni sopra un credenzone
quela Maschera buffa, ch’è restata
sempre co’ la medesima espressione,
sempre co’ la medesima risata.
Una vorta je chiesi: – E come fai
a conservà lo stesso bon umore
puro ne li momenti der dolore,
puro quanno me trovo fra li guai?
Felice te, che nun te cambi mai!
Felice te, che vivi senza core! –
La Maschera rispose: – E tu che piagni
che ce guadagni? Gnente! Ce guadagni
che la genti dirà: Povero diavolo,
te compatisco… me dispiace assai…
Ma, in fonno, credi, nun j’importa un cavolo!
Fa’ invece come me, ch’ho sempre riso:
e se te pija la malinconia
coprete er viso co’ la faccia mia
così la gente nun se scoccerà… –
D’allora in poi nascónno li dolori
de dietro a un’allegria de cartapista
e passo per un celebre egoista
che se ne frega de l’umanità!
In fondo, per i poeti e la poesia, basta citare JFK. Quando il potere porta l’uomo verso l’arroganza, la poesia gli ricorda i suoi limiti quando il potere restringe la sfera di interesse dell’uomo, la poesia gli ricorda la ricchezza e la diversità dell’esistenza, quando il potere corrompe – conclude Kennedy – la poesia rigenera.
Insomma la poesia non è cosa da poco e i poeti da sempre sono onorati come è giusto.
Onorate l’altissimo poeta, l’ombra sua torna ch’era dipartita, ordina l’altoparlante di sala nel Limbo per salutare Virgilio, reduce dalla selva oscura. Così dunque Giuseppe Gioacchino Belli ha il suo grande monumento all’inizio di Trastevere mentre Trilussa è onorato con il bellissimo monumento in bronzo, realizzato da Lorenzo Ferri, nella piazza che porta il suo nome, di fronte a Ponte Sisto.
Oddio onorato forse non è il termine esatto, se si fosse passati da quelle parti la settimana scorsa. Sono tempi difficili ma a volte basterebbe poco.
