Blitz romano, ieri, dunque. Rimini Bologna Roma con Termini che ti accoglie con il suo ormai tipico odore di vespasiano impegnato che avevano i cinema di terza visione per chi se li ricorda e se lo ricorda. Attraversi Piazza dei Cinquecento che poi sarebbero quelli di Dogali che in questi tempi azoviani magari è rischioso persino ricordare. Esci in piazza Esedra – dove ogni volta cerchi perplesso di identificare fra le quattro bellissime Naiadi nude la nonna di un famoso sindaco capitolino – per arrivare a Piazza Barberini e scendere il Tritone fino a Palazzo Chigi. Infine Montecitorio, sole a picco e ha appena parlato Gianfranco Spadaccia. Gianfranco non si muove molto ma a pensarci – essendo lui notoriamente una delle persone più pigre dell’emisfero settentrionale del pianeta – gli anni gli hanno soltanto fornito un solido alibi.
Sono molti gli ex parlamentari e quelli in carica che hanno aderito all’invito di Roberto Giachetti e Francesca Scopelliti, in questa maratona oratoria dedicata a Enzo Tortora, scomparso proprio il 18 maggio del 1988. Non è tuttavia un ricordo o un omaggio alla memoria, visto che la battaglia intrapresa per riformare la giustizia italiana è lungi dall’essersi risolta, nonostante quel caso di macelleria giudiziaria abbia fatto epoca. Enrico Costa ricorda nel suo intervento che nessun magistrato ha pagato per quella vicenda ma anzi chi se ne occupò in quel modo becero venne addirittura premiato.
Fa caldo e il rumore in piazza è parecchio ma la gente c’è e è attenta. Ritrovo pezzi di vita antichi ma ancora vivissimi come Giancarlo Loquenzi, la storica voce radiofonica di Zapping. Non ci vediamo da una vita anche se abbiamo vagabondato a lungo insieme, negli anni 80, fra Mauritania, Mali e Senegal per conto dell’Onu, insieme a due operatori, Lamberto Borsetti e Francesco Chiocci.
Giancarlo è sempre lo stesso. Sorriso aperto, un costante invidiabile aplomb anglosassone che quasi gli costò la vita proprio con i due succitati operatori, nel sud del Mali, quando tentò una mattina di utilizzare l’ultima bottiglia d’acqua che avevamo per farsi la barba, come faceva ogni santo giorno. Giancarlo è fatto così. Mediammo alla fine sul fatto che la bottiglia la dividevamo in quattro, poi ognuno con la sua quota ci faceva quel che gli pareva e amen. Vero è, per la cronaca, che dopo cinque giorni nel nulla, sapevamo che quella sera saremmo tornati alla realtà, dove le bottiglie d’acqua non erano più ipotesi remote.
Roberto Giachetti è anche lui quello di sempre. Lo ho conosciuto ragazzino fra ragazzini come Ivan Novelli e Paolino Pietrosanti, poi è cresciuto fino a diventare fra l’altro uno dei migliori presidenti d’aula di Montecitorio. Ne ho visti parecchi di presidenti d’aula all’opera – uno dei più difficili incarichi politici che ci siano – e Roberto è stato bravissimo quando gli è toccato farlo. Rigoroso ma mai cattivo, era della squadra del primo Rutelli in Campidoglio con Paolo Gentiloni e Pietro Barrera, periodo splendido, mai ripetuto, di una Roma così diversa da quella di oggi.
Rita Bernardini poi è sicuramente una delle persone più preparate sul sistema carcerario italiano che conosce molto bene. Schiva ma dura anche lei, quando le circostanze lo richiedono, rappresenta di fatto una testimone unica per oltre quarant’anni di battaglie di civiltà e democrazia, legate al superamento dell’handicap, alla libertà di informazione, alla giustizia giusta e per avere finalmente delle carceri umane.
Radio Radicale è un elemento in comune per tutti, fa notare Giachetti e Sergio D’Elia a quel punto si presta a fare il fotografo.

Gli organizzatori mi chiamano a parlare, con il sole che brucia e la piazza che si sta lentamente riempendo. Mentre attacco da Montecitorio esce Piero Fassino. Si avvicina incuriosito ma appena capisce di che si tratta, si allontana di corsa, praticamente in fuga. Tema scomodo per molti – nel PD e non solo – sia Enzo Tortora che certa magistratura, per non parlare dei referendum di giugno.

Parlo in piazza di Enzo, di Silvia, di Marco ma anche di Adelaide Aglietta, di Emilio Vesce e di tanti altri che hanno contribuito alla storia pulita di questo Paese e della sua politica, spesso – come capitò con Enzo Tortora – contro tutto e contro tutti.

Finisco e ritorno nel gruppo di ascoltatori che si sta raggruppando sempre di più nelle sempre più ridotte zone d’ombra della piazza. Mi aspettano Antonello De Fortuna che sta per registrare il suo programma tv con i parlamentari all’Hotel Nazionale e Andrea Cavalieri. Anche Andrea non lo vedo da almeno trent’anni, dai tempi di Teleroma e di Canale 66 che lui seguiva con piglio prussiano. In questi anni ha controbilanciato la riduzione della criniera modello Lucio Battisti con l’aumento del peso corporeo ma lo sguardo è sempre lo stesso, sempre il suo. Fotografo veramente bravo, fa l’avvocato – settore locazioni e immobili credo – e ancora una volta mi scopro a chiedermi perché questa è una terra in cui avere talento, complica la vita invece di facilitarla. Andrea in realtà si diverte molto a fare l’avvocato – mi dice – e, almeno a quel che mi dicono invece gli altri, come legale è molto quotato anche se mi chiedo come faccia a entrare in tribunale con la macchina fotografica che per lui è una sorta di protesi.
Tre ore insomma in cui la risacca della memoria è piacevole, dando speranza e fiducia che a giugno tutti si decidano ad andare a votare per riformare finalmente un sistema giudiziario che peraltro ben conoscono. Non sono frequenti occasioni del genere.