Le immagini del manifestante e del motociclista sul grande raccordo anulare di Roma possono raccontare tante storie. La prima storia a venire in mente è il doppio Verdone di Un sacco bello e di In viaggio con papà ovvero Ruggero – con Mario Brega indimenticabile padre – ma anche Cristiano con un altro altrettanto indimenticabile padre come Sordi.
Due hippy teneri e fuori dal tempo e dalla realtà (magari sfruttati da astuti e sedicenti guru), bisognosi più che altro di una bandiera e di una attenzione. Cinema certo ma è un cinema che racconta la realtà e a volte, come spesso accade a Carlo Verdone, la prefigura.
Così chi si ritrovava sul grande raccordo anulare bloccato da quattro buoni ragazzi un po’ isterici che pensavano di risolvere i problemi del pianeta con un blocco stradale, per di più in una città forse eterna ma oggettivamente marginale a livello globale – con altrettanto eterne difficoltà pure a gestire, tanto per dire, la mondezza che produce – ha vissuto una esperienza diciamo notevole. Non é poi andata neppure tanto male – conoscendo un po’ Roma e i romani perché, se la cosa fosse successa mentre stavano tornando a casa o a vedere la Roma o la Lazio invece che andare al lavoro, non sarebbe stato del tutto escluso – vista quella che sembra essere la attuale maturità generale dei Quiriti – un notevole quanto inutile bagno di sangue innocente.
In realtà é il motociclista quello dei due che personalmente mi ha di più affascinato, guardandolo nelle riprese sul web che sono diventate virali. Ragiona, discute, dialoga per diversi minuti e poi alla fine con uno dei più classici strumenti romani di dissuasione, chiude la vicenda dicendo appunto “mo’ però m’hai rotto i coglioni”, dando gas alla moto, sempre però con attenzione a non fare male, e proseguendo finalmente per la sua strada.
In fondo è anche quello che sta succedendo all’interno del governo italiano dove ogni giorno qualcuno della coalizione condominiale alza allo stesso modo problemi fuori luogo e fuori tempo con Draghi che ascolta, discute, ragiona e che comunque, se non viene convinto (e non è facile convincerlo) va avanti per la sua strada, magari senza adottare quella espressione che da buon romano senz’altro ben conosce ma che – da altrettanto buon allievo del Liceo Massimo – non usa in pubblico e molto probabilmente neppure in privato.
Il problema è tutto lì, cioè quando arriva il momento in cui è evidente che il dialogo non è evidentemente possibile, a livello nazionale o internazionale che sia. Allora l’unica cosa è tenere saldamente la barra in rotta, whatever It takes appunto, che poi questa potrebbe essere al limite persino una buona perifrasi da offrire in alternativa alla espressione più classica e diffusa utilizzata dal motociclista del raccordo anulare che comunque ci farebbe un immenso piacere conoscere.
