Logbook 116 – Would you like a cup of tea?

A quattro mesi dalla invasione di Putin in Ucraina e dalla conseguente guerra che si è scatenata improvvisamente e terribilmente, un altro risultato concreto viene messo di fatto a bilancio. Svezia e Finlandia hanno firmato i protocolli d’accesso alla Nato, cosa che solo a inizio anno avrebbe fatto sorridere tutti gli esperti. Da decenni infatti era considerata una ipotesi impossibile e, soprattutto da parte di Mosca, una iattura da evitare assolutamente. Oggi è realtà.

Un altro tassello del puzzle che va a posizionarsi in questi giorni è poi da considerare l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea, la cui bandiera è stata affiancata questa settimana a quella gialla e azzurra nell’aula del Parlamento di Kiev. 

L’inflazione russa – con le sanzioni – è quasi al venti per cento e l’economia è a pezzi. Si cerca ovviamente di utilizzare per quanto possibile la propaganda, un po’ come faceva Mussolini con l’autarchia, millantando orbace e caffè di cicoria come migliori degli originali fra le risate discrete  e prudenti di ogni italiano. 

Qualche neanche tanto utile idiota che accrediti una Mosca felice non è difficile trovarlo e così sembra di essere mediaticamente ai tempi del compagno Stalin con la propaganda sovietica che sosteneva che oltre cortina era un paradiso. “Il compagno don Camillo” non è un reportage ma potrebbe essere comunque una utile divertente rilettura. Vero è che di contro la propaganda nazista sosteneva – e dimostrava con filmati di propaganda agghiaccianti se visti oggi – che gli ebrei venivano trasferiti in una sorta di villaggi turistici. Stessa scuola, scuola di regime. 

Chi ci voleva credere ci credeva. La propaganda fa sempre il suo lavoro, costruendo e spacciando menzogne su menzogne perchè è sull’utilizzo della menzogna scientifico e costante, strategico e feroce, che si qualifica un regime come tale. Intanto le barzellette anti regime, la grande eterna arma russa di opposizione, sembra sia ripartita  sembra abbiano ripreso a circolare in quantità industriale.

Intanto i tribunali condannano, le giornaliste e i parlamentari che non stanno al gioco e vanno in manicomio o in carcere, Naval’nyj affronta le grandi e piccole miserie di un carcere spietato, l’esercito è in difficoltà inchiodato com’è, su quello stesso fronte che pensava di attraversare in qualche ora, da qualche mese.

 Il fronte atlantico è di contro compatto e fra i leader di primissimo piano  Mario Draghi ha ormai un suo ruolo di riferimento primario che gli viene riconosciuto, con i suoi colleghi degli altri Paesi Nato che guardano con comprensione e affetto nei suoi riguardi le fibrillazioni interne, garantite a corrente alternata da quelle componenti della coalizione condominiale e da certi media che subiscono da sempre il fascino discreto del regime di Putin.

Usciamo dalla realtà per entrare nel mondo di John Le Carrè, in cui peraltro la fantasia era relativa. Se le manovrine politiche per mettere in difficoltà un governo italiano come quello di Draghi fallissero, Putin cosa potrebbe pensare di fare per risolvere il problema? Tutti gli uomini – e le donne – del Presidente sanno benissimo cosa fare e lo stanno già facendo per farlo lavorare tranquillo ma in questi casi l’attenzione non é mai troppa. Se servisse, qualche piccolo ulteriore accorgimento, lo staff di Palazzo Chigi lo può chiedere a quello di Zelensky con cui sono in ottimi rapporti. Per esempio, un primo consiglio potrebbe essere dove comprare il te, nel caso  che Mario Draghi – forte della sua permanenza londinese – lo apprezzi, magari senza latte e senza limone, senza niente di aggiunto insomma. Sono tempi un po’ paranoici ma con certa gente hai visto mai.

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