In Shakespeare c’è tutto. Lui è un genio quindi è comprensibile ma nonostante questo, ogni volta che lo dimostra – anche a distanza di secoli – è qualcosa che leva il fiato. C’è un suo dramma che oggi andrebbe letto e riletto.
Gli attori evitano tradizionalmente per antica superstizione di evocarne il titolo, ricorrendo a una perifrasi e definendolo quindi il dramma scozzese di Shakespeare. Ed è forse il dramma più potente proprio perché legato al potere e a quanto il potere possa impadronirsi del singolo individuo, trasformandolo in mostro cioè in umanità priva di umanità.
Si dice che Putin sia letteralmente ossessionato dalle immagini della morte di Gheddafi che per anni avrebbe visto e rivisto ma è soprattutto rileggere il dramma scozzese che dovrebbe sconvolgerlo. Il potere senza legge morale e senza senso di responsabilità e di servizio che deve avere in sé, diventa pericolosissimo agli altri ma anche a chi lo gestisce.
Putin dovrebbe rileggerle certe scene per capire che comunque non puoi costruire il potere sulla menzogna e la violenza perché questo nella Storia alla lunga non ha mai pagato. Il grande buio che circonda chi in questo momento si batte per la libertà in Russia – dove se definisci “guerra” la guerra in Ucraina ti becchi sette anni di carcere duro – fino a quando potrà reggere?

Magari… A Putin manca anche quella parte di nobilta’ intellettuale di MacBeth che gli fa porre domande sull’esistenza. All’umanita’ di oggi pare sia venuta a mancare la relazione con lo storytelling, i suoi simboli, i suoi insegnamenti.