Logbook 126 – Fuga dalla realtà

Difficile dare un senso alle cose che non hanno senso. Una barca a vela naviga da Civitavecchia all’Argentario – rotta che non faccio da dieci anni ma che potrei ricostruire, miglio nautico per miglio nautico, a occhi chiusi – e poi all’altezza di Porto Ercole un motoscafo di venti metri, al massimo della velocità, la taglia in due e muoiono due persone. Una per la cronaca è dispersa.

Anna Claudia Cartoni – è il nome della donna – è una figura che dalle prime notizie meritava altro che questo. Un passato importante come ginnasta e un presente di giudice internazionale per questo sport, molti amici che piangono, una assenza che peserà. Anna Claudia ha dedicato la sua vita ai suoi figli, una delle quali disabile. “Il libro che le ha dedicato – ‘Irene sta carina, una vita a metà’, edizioni Harpo – è un esempio di umanità sconfinata che ha dato, dà e darà forza a tutti coloro che si trovano in una situazione simile”, sottolinea in una nota di ieri la stessa Federazione Ginnastica.C’è l’inchiesta certo e si farà chiarezza ma chi va per mare una idea se la fa, sperando di essere smentito. Il motoscafo di venti metri con quattro danesi a bordo, a tutta velocità e molto probabilmente con il pilota automatico inserito, mentre magari si va di aperitivi perché è l’ora – e la barca a vela che non vede o non riesce a evitare il proiettile che le arriva, la poca distanza dalla costa.  Perché come noto queste cose succedono quasi sempre entro le sei maledette miglia dalla costa, dove pullulano ogni tipo di barche e di dilettanti del mare. Basta andare a dieci miglia per ritrovarsi praticamente e improvvisamente soli ma questo è altro mare, non è quello delle case al mare motorizzate e dei relativi condomini relativamente marinizzati. Entro le sei miglia di sabato di luglio all’Argentario non è possibile andare per mare in quel modo. Se volete, allarghiamo il discorso per ricordare che poche ore prima un ragazzo era morto mentre con due amici a bordo andava di notte a duecentonovanta – 290 – chilometri orari con la sua auto, magari per quattro secondi sui social.


Tornando all’Argentario, era già successo comunque, per esempio, in Croazia qualche anno fa, il 16 agosto 2011 al largo di Primosten o Sebenico, se preferite. Il motoscafo di un potente tycoon croato a trecento metri dalla costa naviga a oltre ventisei nodi, pilota automatico inserito, prende in pieno una barca a vela italiana e la disintegra. A bordo ci sono marito e moglie, due esperti velisti padovani, Francesco Salpietro e Marinella Patella, entrambi sessantenni. Salpietro tenta di accostare ma la velocità del motoscafo è eccessiva. Il motoscafo andrà a arenarsi su una isola che ferma la sua folle corsa. Seguirà alla tragedia del mare, la tragedia di una giustizia croata che mette in atto operazioni oscure, visto che il personaggio per mare è un pericolo ma a terra è potente. Lui sostiene di non essersi accorto di nulla anche se l’impatto con la barca a vela è stato tremendo.

Vedremo cosa succederà per la tragedia di ieri all’Argentario. Aspettiamo prove e testimonianze ma cosa è il mare, cosa è la montagna – a chi pensa che sia un gioco e che la realtà sia come uno spot pubblicitario – va insegnato. Ognuno può essere padrone della propria vita ma non di quella degli altri, concetto che di questi tempi – tempi in cui una madre lascia sola la figlia di diciotto mesi, per sei giorni, a morire di fame e di sete perché dice che ha bisogno della sua libertà – sembra sempre più un concetto estraneo. Come se la realtà la costruissimo e la decidessimo noi, la inventassimo noi. 

Ci sono però il mare, la montagna, la vita – quella vera – a ricordare a chi è capace di imparare la legge dell’umiltà, un mondo dove il tempo non viene sconfitto dalla chirurgia plastica, dove i riscontri oggettivi sono concreti e non trasformabili in base a interpretazioni di comodo eccetera. Forse dovremmo reimparare a vivere nella realtà. Quella vera.

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