Logbook 132 – Roma d’agosto

Roma a Ferragosto non é più quella di Bruno Cortona e trovare le sigarette é facile mentre magari più difficile é diventato fumarle. Oggi Roma invece é migliaia di turisti che camminano e mangiano, guardano e mangiano, parlano e mangiano, ridono e mangiano, chiedono e mangiano. In realtà questa città a agosto dovrebbe prevedere una task force di nutrizionisti e dietologi anche se la resistenza gastrica collettiva di questa moltitudine è notevole.

Il nuovo albergo che mi ospita lo ha disegnato negli anni 30 Mario Loreti insieme al suo albergo gemello che lo affianca, in un Deco classico e affascinante. I due alberghi hanno nomi di mari ma il corridoio, con la bella scala in legno che collega le due hall, non si chiama, come forse dovrebbe, Gibilterra. Accoglienza italiana di chi gestisce alberghi da cinque generazioni – ceppo Vecchio Piemonte – quindi il top. Per chi viaggia e in albergo ci vive e ci lavora non è poco.

Turisti ovunque dunque, spesso affiancati da operatori turistici (del Comune credo) con il fratino che li qualifica come tali, anche se vengono da terre lontane, efficienti e gentili. Hanno un radar per identificare chi è turista e chi turista non è, anche se verrebbe comunque utile in questi giorni un maglietta del tipo “I am not a tourist. I was born here”. Ne vidi e comprai una del genere a Creta, qualche decennio fa e rendeva bene l’idea. Aiuterebbe anche i ragazzi e le ragazze che in questi giorni lavorano incessantemente nei locali, ai quali sentire parlare romano sembra suscitare commozione e scatena complicità e solidarietà.

L’alba comunque arriva presto d’estate e i giornali d’agosto quest’anno non sono alla solita stuccante ricerca di distrazioni per i lettori da ombrellone. Grondano invece – e forse al solito vendono e le vendono bene – preoccupazione e ansia. Guerra, gas, autunno rovente, siccità in attesa della solita emergenza alluvioni – arriverà fra un paio di mesi –  e le elezioni perchè è partita la campagna elettorale e sui giornali pesa, eccome se pesa.

Il fatto è che non so – forse sarà l’età o il fatto che di campagne elettorali a spanne ne avrò fra viste e fatte un centinaio – ma questa campagna mi suscita almeno finora una perenne oscillazione d’animo fra tedio e nausea. Tutto solito, tranne qualche eccezione. Solite promesse, solite facce, soliti slogan, soliti appetiti politici che vengono spacciati per ambizioni. Tutto solito ma sull’orlo del vulcano. L’unica novità è forse il massacro interno che coinvolge chi si candida in tutte le liste perchè le poltrone si sono drasticamente ridotte. Come nel gioco delle sedie, qualcuno dovrà restare in piedi e in piedi la realtà diventa dura, se non ci si è abituati. 

Sembra sempre più forte – e non a caso i giornali non ne parlano – lo spettro del quaranta per cento di astenuti e voti nulli. Sarebbe il partito di maggioranza e necessariamente se si andasse al fotofinish quel quaranta per cento peserebbe sulla scena politica e sarebbe difficile, molto difficile nonostante istituzioni e media compiacenti, ignorarlo. 

Roma guarda il tutto senza grande interesse. Difficile stupirla o forse é in coma.

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