Anche questa campagna elettorale, scassata come una Duna in rodaggio, si è conclusa. Poche le sorprese. Giorgia Meloni vince e ci può stare perchè l’opposizione paga sempre. Sarà importante vedere ora chi saranno i nomi al governo perchè è lì che acquisirà credibilità o meno questa nuova speranza italica, dopo le precedenti esperienze grilline, renziane, dipietriste, leghiste ecc. Abbiamo un nuovo angolo sulla nostra strada, l’ennesimo, e vedremo dietro cosa troveremo.
Il pericolo “fascista”, francamente e per quel che può valere, non mi preoccupa e sono convinto che una campagna incentrata su antifascismo e pericolo nero sia stata un suicidio della sinistra, Quello che spesso chiamiamo fascismo è più che altro uno stato d’animo, un handicap culturale, dove la forza conta più della ragione, dove i diritti dei più deboli non sono rispettati, dove fa paura – come mi raccontava Ada, la moglie di Ernesto Rossi – il rumore dell’ascensore di casa tua che sale all’alba e poco importa la divisa che indossano quelli che ti sfondano la porta senza processi che non siano farse solo perchè difendi libertà e democrazia. Certo è anche vero che nei palazzi che contano – a Roma e non solo – saranno in parecchi in queste ore a frugare disperatamente negli armadi di casa per recuperare la camicia nera del nonno sansepolcrista e nascondere – mai distruggere, hai visto mai – quella del nonno partigiano (e in qualche caso poteva capitare pure che il nonno fosse poi sempre lo stesso). La pagnotta è pagnotta – per citare Eduardo – ma in Italia spesso si tende a esagerare rispetto a questa regola.
Il fatto è che la linea di demarcazione rischia di essere Putin e i suoi accoliti interni e esteri. La mobilitazione potrebbe essere la sua ennesima mossa sbagliata – l’ennesima, realmente – creando forti movimenti di protesta interni, un esodo di massa verso tutte le frontiere possibili, le donne in piazza come in Iran, e poi per ottenere cosa? Truppe impreparate e male armate che occorrono per prendere tempo mentre si fanno massacrare, puntando sul cedimento dell’avversario europeo nel tempo.
Siamo in guerra anche noi. Prendiamone atto. Una guerra atipica ma non per questo meno dura e se l’Europa deciderà di calarsi le braghe davanti ai massacri degli ucraini, dando magari retta a chi prende soldi da Putin per raccontare balle, allora sarà la sua fine. Le idee di libertà europee resteranno a covare sotto la brace e salteranno fuori inesorabili, passata la burrasca, perchè le idee di libertà non muoiono. La partita però è ancora apertissima e non è detto che il tempo non giochi a favore di chi combatte Putin. Anzi.
