Tornato da Roma. I giornali di questa settimana lasciano un sapore come di cattivo caffè in bocca. Arrivano al pianterreno della radio la mattina prima dell’alba ormai – è tornato a fare luce più tardi – ma un paio di volte mi è toccato andarli a prendere direttamente alla stazione Termini. Il distributore che di solito li porta nel suo giro con le copie per gli alberghi non è stato bene. Così due passi per Via Cavour e è subito casbah. Gente buttata dentro luride coperte sotto la pensilina di ingresso. Bottiglie rotte e puzza di vespasiani autarchici in ogni angolo. La città che non riesce a gestire se stessa.
Roma forse è ormai immutabile. Penso a Gualtieri, altra genialata si dice della Ditta D’Alema, Bettini e c. Brav’uomo certo, intelligente certo ma a Roma serve altro. Scherzo con Alessio Falconio e gli dico che dovevano candidare Carminati che almeno è un tecnico. Mi guarda come sempre preoccupato mentre io comincio realmente a pensare che le alternative sono due. O arrendersi – la soluzione del Cecato o chi per lui – oppure dare battaglia vera e partire con un commissariamento serio alla Figliuolo e di Figliuolo cioè di esperti di logistica dell’emergenza in Italia se ne trovano, onesti e capaci, dando loro strumenti concreti e legittimi.
Esco dalla stazione con i giornali sotto il braccio. Arrivo e salgo con l’ascensore al quinto piano. Ci siamo solo la signora che fa le pulizie e io. Qualche volta uno dei tecnici è già lì e parte il secondo caffè – in senso lato almeno – della giornata. Poi il solito rito della disinfezione dell’archetto – retaggio del covid – i pennarelli, i grandi fogli di carta bianca, i giornali impilati su due colonne in un ordine che è rigoroso per abitudine perche il metodo, l’abitudine ti fanno risparmiare tempo prezioso.
L’occhio è restato quello. Un po’ come la bicicletta dopo trent’anni che avevo smesso, tre anni fa, dopo la morte di Massimo Bordin, ho ripreso rapidamente la mano. Nei primi anni 90 il tentativo di vivacizzare un po’ quel programma, magari scherzandoci sopra oppure dando la descrizione delle foto – a quei tempi insolito – venivano prese un po’ con sospetto ma poi ci si abituava a una rassegna stampa che non fosse una messa cantata, un verbale di ciò che c’era sui giornali compilato da un notaio. Oggi funziona ncora se non di più e la cosa che mi colpisce molto – e che in fondo mi fa piacere – è che i momenti in cui mi scappa un ricordo, una divagazione, un flash improvviso e che uso istintivamente mentre cerco un giornale o un pezzo sono le cose che tutti quelli che mi contattano mi segnalano, che apprezzano.
Due flash questa settimana mi hanno colpito. Uno, leggendo che Giorgia Meloni lavora al sesto piano di Via Uffici del Vicario 21, storica sede dei gruppi parlamentari. Scatta il flash perchè sono le stanze dove dal 1979 all’inizio degli Anni ’90 era situato il Gruppo Parlamentare Radicale e quel piano lo conosco bene. Dico perplesso che mi piacerebbe avere conferma e poco dopo mi arriva un biglietto direttamente dalla Camera che conferma la cosa confermando quello che mi ripete Paolo Mieli cioè che gli ascolti della rassegna stampa sono incredibili.
L’altro flash è legato a un momento che neppure ricordavo. Nel discorso viene Mauro Mellini e improvvisamente vedo e rivedo una sera d’inverno fredda e buia. Sono passate le otto di sera. La camera ardente di Umberto Terracini, morto pochi giorni prima, è al primo piano di Montecitorio. In Transatlantico siamo rimasti in pochissimi e con Mauro saliamo con l’ascensore di fronte allo scalone. Commessi della Camera e forse anche del Senato sono ai lati della bara. Ci fermiamo qualche minuto, entrambi commossi. Terracini è un riferimento, una storia vissuta con orgoglio e coraggio, contro nemici e amici, per una idea che lo costringeva a solitudini disperate in quegli anni feroci. Scendiamo in silenzio. Riprendiamo i cappotti e usciamo dal “palazzo che mostra il petto”, come lo chiamava Savinio, nel freddo della piazza deserta. Dicembre 1983, quasi quarant’anni fa.

…” poi ci si abituava a una rassegna stampa che non fosse una messa cantata, …” : in questo sta il pregio della trasmissione e di coloro che con qualche pizzico di ironia e piccoli flashback la rendono così “imperdibile” per tanti ascoltatori. Io tra quelli.