Logbook 169 – Strada chiusa

Penso a quel che succede a Mosca o a Teheran e vorrei essere lì. In entrambi i casi la sensazione che avverto è quella di un percorso che non può non portare allo stravolgimento di due regimi feroci. L’Iran si sta accartocciando su una repressione demenziale, messa in atto dai suoi sgherri, che però non può proseguire all’infinito. Ogni funerale è occasione per rilanciare la lotta e l’Iran che alle spalle ha una cultura laica non dimenticata sta mutando pelle. Putin è ormai prigioniero delle sue fughe dalla realtà e delle sue menzogne che gli si avvolgono intorno, trasformandolo di fatto in una sorta di Laocoonte moderno.

Le immagini in Iran dei ragazzi che senza paura fanno volare via i cappelli dei celebranti del regime, i fiumi di gente per strada, la donne anziane che protestano e che non hanno più nulla da perdere sono segnali di qualcosa in movimento che diverrà presto – per me peraltro lo è già – inarrestabile. L’Iran non può più essere quella prigione integralista che vive e prospera sulla paura e su una oligarchia fanatica con un braccio armato di stupratori e assassini di regime. La Russia fa finta di credere alle balle che gli propinano Putin e la sua tv ma sa perfettamente e sulla propria pelle quale sia la realtà e di andare a combattere non ci pensa proprio.

La differenza fra Ucraina e Russia è tutta qui. Gli ucraini portano le famiglie al sicuro e poi – donne e uomini – tornano di corsa per difendere in armi la loro terra. Putin invece è costretto a mobilitazioni straordinarie per fronteggiare una guerra che doveva durare due giorni. A proposito di guerra, ricordate quando se dicevi che era una guerra a Mosca di beccavi sette anni di galera? Nonostante questo la gente scappa dalla Russia con ogni mezzo, fugge da una guerra che non sente sua e che non gli appartiene ma che appartiene solo a Putin. Come ne usciranno sia i vertici di questo Iran e di questa Russia è difficile dirlo. Lontana la voce di Plutarco ci ricorda quello che sosteneva Solone. Quello del tiranno è un gran bel posto – lui diceva più di duemilacinquecento anni fa – ma manca di una sola cosa. Di una strada per discendere.

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