Mi arriva un messaggio di una attenta ascoltatrice amica della rubrica mensile RadioTutti che ormai ha quasi dieci anni. “Oggi strano risveglio”, mi scrive, “Un caffelatte. Come sempre. Accensione del pc per leggere la stampa nazionale e estera. Come sempre. Sbaglio click. Esce San Marino Rtv. Apro e leggo RadioTutti. Puntata del 30 ottobre. Inutile dirti che la ho ascoltata con emozione, come sempre. Plaudo ancora una volta alla tua idea che è oggi una realtà imprescindibile. Una comunicazione sociale diretta, aperta e inclusiva”.
RadioTutti era una scommessa vera e propria. Fu solo in minima parte in realtà una mia idea. Ero arrivato nel 2012 a dirigere il servizio pubblico sammarinese dopo dodici durissimi anni passati a Viale Mazzini, cercando di far capire a un intero palazzo refrattario che la comunicazione sociale è il cuore di qualsiasi servizio pubblico. L’idea che dei ragazzi con significative disabilità cognitive potessero costruire su se stessi e con se stessi un programma radiofonico allegro, vivace, sotto molti aspetti comprensibilmente imprevedibile era in effetti una scommessa forte ma c’erano tutti gli strumenti per provarci. I primi a crederci furono Paolino Zanetti e Chicco Giuliani, due voci doc della radiofonia di casa. Chicco poi venne rapito dall’onda di Radio Deejay e andò a Milano dove continua a fare un ottimo lavoro. Affiancarono Paolino quindi Anna Gaspari e Irol, uno dei più bravi giovani rapper in circolazione.
Il concetto base era semplice. Un nucleo di ragazzi, seguiti dall’ISS sammarinese che partecipa al progetto direttamente, supportati da dei DJ professionisti in veste di tutor, che utilizzano la radio e le loro infinite conoscenze musicali – la musica molto spesso è vitale in certi contesti – per produrre un’ora radiofonica diversa, appunto imprevedibile, al di fuori dei consueti flussi radiofonici che rischiano di ripetere se stessi da decenni, all’ombra della RMC di Herbert Pagani o di un indimenticabile Alto Gradimento. Anna, Paolino, Irol sono bravissimi nel non cercare di condizionare i protagonisti del programma lasciando loro la capacità di inventare, di creare, di associare, rendendoli di fatto protagonisti liberi e unici. Non si tratta insomma di un coro o di utili comparse ma di protagonisti che i professionisti accompagnano un po’ come accade negli sport paralimpici dove atleta e trainer lavorano insieme ma l’atleta resta al centro.
La difficoltà di un programma del genere è infatti dare fiducia e spazio ai ragazzi, lasciandoli liberi di improvvisare, di esprimersi, di inventare. I risultati sono arrivati e, se soltanto ci fosse più attenzione sul piccolo mondo dei media che sperimentano cose nuove, anche loro avrebbero l’attenzione che meritano. Il format è stato comunque presentato a New York dalla Repubblica di San Marino in un contesto legato alla sperimentazione per l’integrazione e ha ottenuto straordinari riscontri. Ormai è entrato di fatto nel decimo anno e forse è utile segnalare che tutte le puntate sono ascoltabili sul web. Ne vale veramente la pena.
Delle tre forme di disabilità – sensoriali, motorie e cognitive – proprio quelle cognitive oggi sono le più difficili da affrontare. Con le tecnologie più recenti infatti, le condizioni di vita delle prime due categorie hanno sicuramente avuto un miglioramento mentre invece è proprio quella cognitiva a creare ancora le condizioni più difficili. Però molto si può fare. Lo dimostra un fatto – perchè dopo dieci anni si tratta di un fatto e non di una teoria – come questo programma radiofonico che è il frutto del lavoro di tanta gente e che mostra una strada possibile, un modo diverso di utilizzare la radio sia dal punto di vista di chi la fa che da quello di chi la ascolta.
