Di Maroni il più vivo ricordo che ho è stato a Bari, febbraio 2003, per l’apertura dell’Anno europeo delle persone con disabilità. Gli organizzatori mi avevano chiesto di condurre i lavori dove intervenivano i vertici delle istituzioni pugliesi – Fitto a quei tempi era presidente della Regione – e poi Silvio Berlusconi in collegamento da Roma mentre per il suo governo c’era appunto Roberto Maroni nella sua veste di Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Eravamo seduti vicini sul palco e quando io ricordai Blade Runner come uno dei film più adatti per raccontare le disabilità, mi strinse forte il braccio. Poi durante la pausa parlammo a lungo e scoprii la sua passione per Philip K. Dick, dal cui romanzo Scott aveva tirato fuori il film.
È il solo ricordo diretto di un politico esperto ma anche ironico e attento, sodale con un Bossi a quei tempi scatenato e imprevedibile cui lui spesso correva a garantire la difesa quando il Senatur si esponeva troppo in avanti.
Sapevo che era malato e la sua scomparsa, dal punto di vista politico, credo incida poco su una Lega in caduta libera grazie a Salvini e alla sua superficialità. Forse quello che più potrebbe raccogliere la sua eredità è proprio Luca Zaia che pochi giorni fa ha dato una intervista molto significativa al Corriere della Sera, costruendosi o rivelando una struttura solidamente democratica e attenta al sociale.
Forse proprio Zaia da un lato e Stefano Bonaccini dall’altro possono rappresentare qualcosa di nuovo nell’ambito politico così incapace di inventarsi nuovi scenari. Stefano Bonaccini fu protagonista di una lunga intervista in cui dimostrava di avere idee chiare e carattere. Chissà se il PD, in rianimazione ma più per colpa della famigerata Ditta che di Enrico Letta, troverà la forza di uscire da questa situazione, perfettamente descritta su Repubblica da Marco Bentivogli due giorni fa. Di candidature create come si crea il casting – il vero mestiere di Bettini – se ne sono viste tante. Arrivai a Bologna in piena campagna elettorale nel 1999 e la candidata scelta dal PCI era una modesta ragazza che chi la candidava era convinto di potere manipolare. Tanto a Bologna il PCI vince comunque, sentivo dire. Quando poi in Piazza Maggiore a un comizio comunista affollatissimo sentii dire dal palco che non si poteva votare uno come Guazzaloca – che fu poi un grandissimo sindaco – perchè aveva smesso di studiare a quindici anni per andare a lavorare nella macelleria del padre, lasciai la piazza con uno sguardo complice al Nettuno che per pudore guardava oltre il palco. Guazzaloca mi raccontò poi che un tassista il giorno dopo non gli fece pagare la corsa dicendogli “Lei a quindici? Io a quattordici”.

Carlo Romeo intervista Stefano Bonaccini
Fra la Via Emilia e il mondo