Logbook 230 – Siamo seri

Sanremo televisivamente affollato e urne deserte o quasi. Così è. C’è da chiedersi se le due cose, combinate insieme, vogliano dire qualcosa di compiuto o siano soltanto tracce sparse di un presente confuso. Sanremo è l’identità di un tessuto sociale che non riesce a sentirsi tale se non guidato per mano in questo caso dalla Rai, in altri dalla Nazionale di calcio o dai programmi di cucina. Non sembra ci sia Paese, non sembra ci sia popolo, ma solo fazioni in perenne campagna elettorale anche se nella vita reale è evidente che non è così. Eccellenze ce ne sono e sono in ombra perchè questo sistema non premia l’intelligenza ma la furbizia e solo gli imbecilli possono pensare che siano sinonimi.

Sanremo finisce e forse fa cadere i vertici Rai mentre già da tempo preme chi (nei pasoliniani palazzi romani) dismessa la camicia rossa del nonno partigiano, ha già recuperato nel baule – o ha rimediato in qualche robivecchi – quella nera del nonno sansepolcrista perchè gli antenati, come noto, si acquistano facile in Italia e non solo. O Franza o Spagna, roba antica. 

Si raccolgono figure non esaltanti come quella dell’invito al Presidente dell’ Ucraina, prima fatto, poi ritirato anche perchè probabilmente il buon Razov un paio di telefonate ai suoi diciamo interlocutori politici italiani le avrà fatte. 

Chi non segue il Festival intuisce – da quel che non riesce a evitare gli venga comunicato – che le identità di genere sono ormai diventate, nei circhi mediatici, semplici mestieri ben retribuiti, che esistono ragazzini viziati e isterici dove la differenza fra fiori e palloni non è chiarissima e tutta l’altra mercanzia che dimenticheremo fra una settimana. Ovviamente Benigli benigneggia e Fiorello fiorelleggia con la consueta abilità per entrambi di esserci senza mischiarsi e via così. Amadeus, ormai doppiato benissimo da Pippo Baudo, si barcamena più o meno, italico che più italico non si può. Amen.

Dall’altro lato, le elezioni di ieri – o meglio le cosiddette elezioni – se i votanti sono ormai meno della metà di chi ha diritto al voto ma che si sente esclusi o preso in giro – difficilmente porteranno novità reali ma si tratterà come sempre di incrociare solidi interessi corporativi cui vengono fatte promesse nel corso della campagna elettorale con un po’ di malpancismo dovuto a delusioni e frustrazioni. La maggioranza del Paese guarda totalmente estranea al circo.

Manca sempre e comunque quell’Italia che pure esiste, quella “seria” rappresentata da Mario Draghi – siamo sempre ai Trintignant contrapposti ai Gassman cialtroni dell’attualissimo italianissimo Sorpasso – con tutto quel che si muoveva intorno a lui e a quella Italia. Unico segnale presente è il Quirinale e il suo inquilino che cerca di fare da ponte acrobatico fra l’Italia di Trintignant e quella di Gassman. Quella Italia seria che lavora nell’ombra, che fa il suo dovere bene e senza chiacchiere. Seriamente, appunto.

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