Una settimana di giornali è come un fiume di notizie che ti scorre fra le dita. Riesci a trattenerne qualche goccia, peraltro poco e male. Una di queste gocce però resta e la devo questa settimana alla Stampa che in prima pagina, giovedì o venerdì scorso, raccontava che ogni giorno quest’anno ci sono tre morti sul lavoro. L’argomento è sgradevole, diciamo fuori moda. Meglio discutere di una povera orsa che fa l’orsa o della armocromista (pensa te) della Schlein, termine che persino il vocabolario di Google sottolinea in rosso.
Tre morti sul lavoro ma c’è un altro aspetto del mondo del lavoro che viene altrettanto ignorato e che francamente non ha nulla di rivoluzionario se non in Italia. Si tratta della realtà del mercato del lavoro alle persone diversamente abili e qui siamo ancora all’età della pietra, quando alle cosiddette disabilità veniva destinato qualche soldo assolutamente insufficiente e basta lì, mettendoci pure penalità fiscali nel caso si trovasse per remotissima ipotesi una occasione di lavoro.
Le nuove generazioni di persone con diverse abilità perchè – penso a Luca Pancalli, a Pietro Barbieri, a un mai troppo rimpianto Franco Bomprezzi e tanti altri – da decenni ormai si battono per cambiare questa mentalità pietistica nel migliore dei casi, chiedendo opportunità di formazione e di lavoro e non mance statali. Eppure di persone diversamente abili al lavoro e con ottimi riscontri esempi non ne mancano fra papi, scienziati, insegnanti, sportivi e quant’altro.
Anche questo 1º maggio molto probabilmente scivolerà via su questo tema mentre forse le morti sul lavoro troveranno qualche minuto e qualche lagrima sincera che purtroppo non farà germogliare nulla. La nuda verità – peraltro un titolo perfetto per la migliore rubrica su questi problemi, curata da Maria Antonietta Farina Coscioni – è che intorno a un mondo sempre più vasto e sempre più potenzialmente pronto, grazie a cambiamenti di cultura – nonostante tutto – e a nuove tecnologie, cala un silenzio e una indifferenza istituzionale criminali per sé e per la società intera.
Intervista di Maria Antonietta Farina Coscioni (La nuda verità, 4 ottobre 2020): https://www.radioradicale.it/scheda/617542/la-nuda-verita-maria-antonietta-farina-coscioni-intervista-carlo-romeo

Tre morti al giorno sono più di 1.000 in un anno. E non contiamo i feriti. Mi ha sempre impressionato questo numero, specialmente quando tenevamo i corsi della sicurezza alle imprese edili; agli impresari e ai loro lavoratori. Non si può, dicevo ad entrambe le parti quando obiettavano sul costo, sulla fatica o sulla complicazione nell’usare mezzi e procedure di protezione, uscire di casa la mattina per andare in cantiere, salutare moglie e figli e non sapere se tornerai a casa. E ancora di più mi ha sempre impressionato il fatto che in vent’anni di missioni in Afghanistan, le nostre Forze Armate hanno avuto 53 caduti (dei quali solo 27 in azione). Non è possibile, ho sempre pensato, che sia più sicuro fare il soldato sul fronte, che il lavoratore in cantiere o nei campi. Certo, le Forze Armate seguono rigorosamente procedure di sicurezza e usano le protezioni: si chiama “cultura della sicurezza” e dovrebbe essere più naturale per i civili e una società evoluta.