Rileggo “Morte a Roma”, il libro di Robert Katz, già letto tanto tempo fa. Lo rileggo e sembra di non averlo letto mai. Trovo fatti, cronaca, vicende di quei mesi romani di fame, guerra, ferocia, eroismo e viltà e il cui apice fu quel marzo con quelle ore che andarono dal pomeriggio di via Rasella al pomeriggio del giorno dopo delle Cave Ardeatine.
Manca il fiato nel leggerlo mentre si cerca di capire in questo spaccato di umanità piena che manifesta il suo lato peggiore ma evidenzia quello migliore che è fortissima e, nonostante tutto, vincente. In quelle ore si è prefigurato il futuro di un Paese, si sono costruite classi dirigenti e ne sono state distrutte altre. In fondo il vero Altare della Patria non è quell’obbrobrio a Piazza Venezia ma sono le Fosse Ardeatine e per comprenderlo è sufficiente leggere le biografie di quelli che sono sepolti lì.
In questi giorni è trasudata ignoranza gravissima su quelle vicende che sono centrali per la storia di questo Paese. Inesistenti musicanti anziani evocati a sproposito come vittime di Via Rasella dalle alte cariche dello Stato le quali o manifestano non conoscenza dei fatti oppure provocano senza alcun rispetto per i vivi e per i morti, il tutto per vanità o per poca sapienza. Altri che continuano con la vecchia lagna infondata del se-si-fossero-consegnati-gli-attentatori, mentre la tempistica e le circostanze ne negano ogni possibilità, con un Hitler in preda alle sue folli isterie che chiedeva cinquanta morti italiani per ogni tedesco. Oppure qualcuno – anche qui in teoria ai vertici della attuale politica – che esprime cordoglio per le donne e gli uomini vittime alle Ardeatine, ignorando che alle Ardeatine di donne, grazie al cielo, non ce ne furono o chi sembra riconoscere con decenni di ritardo alle vittime ebree quella cittadinanza italiana che allora i fascisti avevano negato.
Il ruolo del Vaticano nel libro di Katz è centrale e ha fatto discutere e ha dato scandalo. Pio XII sapeva della rappresaglia? Nel caso sapesse, perché allora non si è mosso? La Chiesa a Roma giocava un ruolo politico determinante e contradditorio. La rete di Monsignor O’Flaherty in Vaticano salva decine di persone mentre don Morosini, che per noi ha il volto di Aldo Fabrizi, muore fucilato a Bravetta. Proprio alle Ardeatine don Pietro Pappagallo, prima di essere ucciso, riesce a liberarsi le mani legate dietro la schiena – a dorsi incrociati per non potersi liberare, specifica preciso nel suo interrogatorio Kappler – che hanno tutte le vittime e a benedire i vivi e i morti accatastati gli uni sugli altri nella pozzolana delle cave.
Sono storie che possono diventare vere e proprie ossessioni se non le si riesce a razionalizzare e la ragione in questi casi fatica per mancanza di notizie certe, per l’infinito gioco di specchi che avvolge quei giorni fra spie, delatori, false verità e verità omesse. Resta ciò che è stato e che non passa perchè è parte di ciò che siamo oggi noi.
