Logbook 281 – Io sono un campione, questo lo so

Vincenzo D’Amico non sta bene. Me lo dice il Corriere che gli dedica una intera colonna. Non sta bene e affronta un tumore con immagino il sorriso che ha sempre nei momenti difficili. Lo conobbi in quello che chiamare programma televisivo sarebbe profondamente riduttivo, il Gol di Notte di Michele è stato infatti molto di più di un programma sportivo in tv, inventando tante cose e tanti personaggi – compreso Vincenzo, trent’anni fa inimmaginabile ottimo commentatore – in un continuo confondersi di vita e di calcio.

Di Vincenzo me ne parlava qualche tempo fa Eraldo Pecci. Eravamo a cena nella sua Riccione, all’Alta Marea – su dove e come si mangia lui non scherza – come sempre con un occhio al tavolo e uno allo schermo per sorvegliare la solita immancabile partita. Avevano giocato insieme nella Nazionale Militare quando erano di leva e si vogliono bene. Mi raccontava delle attenzioni di Chinaglia verso il più giovane e il più dotato della squadra che poi vinse lo scudetto. Gli mise da parte i soldi dei premi partita perchè non se li spendesse e glieli consegnò a fine campionato. Eraldo sorride ricordando il pagodino Mercedes con cu Vincenzoi arrivò in caserma il giorno dopo. A un certo punto alza gli occhi dal fritto e mi dice che Vincenzo era un giocatore incredibile, che aveva una tecnica e un istinto calcistico unici, fuori dal comune, e lo dice un altro campione che ha vinto parecchio, uno che giocava fianco a fianco con Maradona.

Vincenzo affronterà questa nuova partita con la stessa forza ma anche con la stessa necessaria allegria che lo ha accompagnato nei tanti momenti difficili della sua vita, una vita che vive ogni giorno come fosse un regalo. Nel mondo del calcio è difficile usare la parola affetto o amicizia. Troppi soldi, troppe iene, troppa falsità, troppa rapidità nel salire e nello scendere. Troppo tutto e è un troppo che può anche uccidere quello che solo qualche decennio fa era uno sport che riempiva la domenica delle famiglie ma che durava lo spazio di un pomeriggio e poi se ne riparlava la settimana dopo. 

Un grande abbraccio dunque come quello affettuoso, allegro, tutte le volte in cui capitava ci incrociavamo in quei lunghi corridoi un po’ morgue di Viale Mazzini, in cui eravamo nonostante tutto entrambi estranei. Il coraggio non gli manca, l’amore per la vita neppure. In bocca al lupo.

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