Così i vecchi Patriot funzionano ancora e pare funzionino ancora bene se, come sembra, sono riusciti a beccare sui cieli di Kiev il missile ipersonico Kinzhai che in realtà è il diminutivo affettuoso del KH47M2. Questo coso è praticamente una bestia. Può partire lanciato da un Mig ed è capace di percorsi che farebbero impazzire uno stopper di vaglia, cambiando continuamente direzione e velocità. È un’arma in sintesi molto pericolosa e Putin non si fa scrupolo di usarla così come non si fa scrupolo di usare le bombe al fosforo bianco, il che è tutto dire.
Ritrovo dunque i Patriot che per tante indimenticabili sere hanno protetto Tel Aviv. Era il 1991, gennaio, e, mentre la stragrande maggioranza degli inviati era a Gerusalemme, città notoriamente imbombardabile, ero a Tel Aviv. Di italiani che frequentavano il piano terra dell’Hilton, dove era la press room della Difesa israeliana, ricordo solo Mimmo Lombezzi. Potrei sbagliarmi ma non credo.
Ogni sera Saddam – appena calava il buio e quindi i satelliti americani che a quel tempo di notte erano ciechi – armava gli Scud e li faceva partire. Gli Scud come missili erano veramente una fetenzia, tanto da sbagliare addirittura città. Roba sovietica poi pare cinese ma insomma non esattamente precisi, anche se la carica esplosiva c’era ma non non sapevi mai dove poteva essere finita. Certe sere, per abilità o per fortuna, finivano sui cieli di Tel Aviv e allora la città si trasformava dalla quotidianità del giorno all’emergenza della notte. Ci furono comunque case distrutte e morti a Tel Aviv quel mesi di gennaio.
Saddam aveva minacciato di gasare gli ebrei con le bombe chimiche e la prima cosa che ti davano in aeroporto, appena scendevi dall’aereo, era una maschera antigas e in una scatola di cartone un siringone di gas antinervino. In Israele parlare di gas letali non è ovviamente il massimo. Bastava vedere i vecchi che percorrevano Dizengoff Street con la loro scatola di cartone marrone e la cinghia di plastica a tracolla per capirlo. Bastava guardarli negli occhi per un instante per capire che la minaccia del gas di Saddam era molto più di una minaccia.
Ogni sera non si sapeva dunque se i missili che arrivavano erano a testata normale o chimica. Si potrebbe pensare che la cosa fosse marginale sotto molti aspetti ma sicuramente non lo era in quello dei rifugi perché se il missile era a testata normale conveniva andare nei rifugi sotterranei mentre se era a testata chimica, visto che il gas si deposita in basso, allora era meglio andare al rifugio del sesto piano. L’Hilton era ben organizzato e ricordo ragazzini di tredici anni che avevano la responsabilità di guidare chi si fosse perso ai rifugi, orgogliosi della loro fascia al braccio che li qualificava. La prima sera, quando suonò l’allarme, andai nel rifugio sotterraneo, la seconda invece a quello del sesto piano mentre la terza ormai saturo me ne andai in cima al terrazzo – ormai in preda al fatalismo missilistico ma almeno vedevo cosa succedeva – dove appunto feci conoscenza dei Patriot che partivano in gruppo per intercettare i missili iracheni. Lasciavano piccole strisce lunghe e luminose e sembravano più dei fuochi artificiali che la protezione di mezzo milione di abitanti. Mi ci affezionai da allora.
Così li ritrovo oggi a Kiev, sia pure solo sui giornali, e sono contento che funzionino ancora per evitare che la città, che è un capolavoro, venga distrutta in questa follia che stiamo vivendo dal febbraio dello scorso anno.
Ci sono i Patriot ma non c’è chiarezza. Cosa succede in Russia? Possibile che sia una resa dei conti interna con il potentissimo partito di Putin, il KGB, ormai al potere da trent’anni spaccato dalla crisi. Oppure sono i servizi occidentali che si muovono in terra russa? O ancora l’anima russa, quella di Dostoevskij e dei suoi personaggi che poi erano persone vere, si sta muovendo come può mentre le carceri non reggono più la criminalizzazione del dissenso. Un regime si fonda sempre sulla menzogna e quindi ha bisogno della stampa e sulla violenza quindi ha bisogno di tribunali mentre torna nuovamente alla mente Piero Calamandrei che ripeteva che il fascismo – ma viene da dire qualsiasi regime che sia tale – è la negazione della persona umana e in questo Putin è purtroppo maestro.
