Il Medioevo si può leggere al sole – meglio con le montagne in vista, ove possibile – oppure da soli, davanti al fuoco, quando fuori è bufera e c’è poca luce e freddo nelle ossa. In realtà i Medioevi sono due, non uno, e sono totalmente diversi fra loro. L’Alto Medioevo che va da Gregorio Magno (forse il più grande papa mai esistito, almeno a leggere i suoi Dialoghi) fino all’XI secolo. Poi il Basso Medioevo che va dal XII secolo alla scoperta delle Americhe. Qualcuno forse dirà che in realtà il Medioevo comincia con la caduta dell’Impero romano d’Occidente ma non è vero. Al di là delle convenzioni degli storici e degli studenti, questa catena di secoli comincia piuttosto con papa Gregorio, grossomodo un secolo dopo.
L’Alto Medioevo è periodo di dolore e disperazione ma anche di quel grande coraggio che solo la disperata speranza può dare. Il muro medievale è muro povero, costruito con materiale di riporto – testimonianze di pietra di epoche grandiose – eppure è solido, affascinante. È bello insomma perché da’ un senso che c’è, se lo si cerca o lo si sa inventare per vivere senza rinunciare al futuro.
I grandi monumenti dell’antichità con le loro macerie riutilizzate danno a quella gente un tetto, un argine, un rifugio perché la vita continui il suo corso. Gli uomini dell’Alto Medioevo crescono e muoiono in quelle macerie di un mondo che non capiscono e che neppure ricordano più. I barbari per loro sono marziani, feroci e incomprensibili, primitivi e vincenti. Il Basso Medioevo vive invece dello splendore dell’architettura romanica e di quella gotica, intravedendo in fondo Rinascimento e oceani sconosciuti. Nel Basso Medioevo si sale a Dio con guglie infinite mentre l’uomo altomedievale, invece, Dio lo deve cercare dentro di se e la sua musica per lodarlo, anch’essa apparentemente povera perché fatta solo di voci, diventa bellissima della sua povertà. Il canto gregoriano nasce così.
Del passato – scrive Gustavo Vinay, il più grande storico della letteratura latina medievale, la cui ultima dimora guarda per sempre la Germanasca e le valli valdesi – non sono caduti solo gli dei (che il Medioevo continuerà realisticamente a esorcizzare) ma i meccanismi intellettuali capaci di far fronte alle quotidiane esigenze del pensare e del fare con molte verità.
L’Alto Medioevo è luogo storico per eccellenza degli uomini di fede che credono in un loro Dio che deve esserci, almeno per dare un senso a ciò che senso non sembra più avere. Lo racconta bene Paolo Diacono, longobardo che vede il suo popolo distrutto dai Franchi per aver smesso di essere selvaggio, privo di leggi. Per un longobardo come Paolo – scrive ancora Vinay – il suo popolo assume una unità in cui non è possibile fissare tappe segnate da altri e diventa tanto più inconfondibilmente se stesso nel momento in cui una forza estranea lo ha annientato.
Erano tempi bui si dice, ma forse rileggendo i Dialoghi di Gregorio, lo stesso Paolo, Notkero Balbulo (che poi vuole dire semplicemente balbuziente) o ancora Raterio vescovo di Verona la cui vita sarebbe un ottimo serial tv, e tanti altri – pochi purtroppo – che hanno lasciato testimonianza scritta, il buio era molto meno fitto di quel che si dice abitualmente in giro da qualche secolo.
