Logbook 304 – Il respiro dell’Atlantico

Il mare respira e l’Oceano Atlantico – l’unico oceano che conosco – ha un respiro tutto suo e indimenticabile. L’ho visto e riconosciuto subito, dal banco di quarta di dritta del Vespucci, quando usciti dal Canale – arrivavamo da Amburgo e poi da Portsmouth – lo ritrovammo davanti a noi, regolare e infinito. Navigare nella Manica con una nave come il Vespucci non è peraltro facile. La nave manovra relativamente e quello è un braccio di mare trafficatissimo. La comandava Roberto Recchia, un comandante che conosceva la sua nave e i suoi uomini molto bene. Con il nostromo – che su ogni nave, ma sul Vespucci in particolare, è determinante – poi c’era un rapporto unico. Giulio D’Elia, il nostromo di allora, era stato allievo sottufficiale imbarcato sul Vespucci, una vita prima proprio con il giovane allievo ufficiale Roberto Recchia. Insomma si capivano al volo, a volte senza neanche la radio. L’entrata a La Rochelle era strettissima e l’ormeggio non semplice. Il nostromo a prora e il comandante in plancia si guardavano e bastava quello per governare l’ormeggio. Gente di mare.

Il respiro dell’Atlantico, la prima volta, lo avevo veduto da terra in Senegal, a Dakar e all’Isola di Gorè, dove i cannoni del forte sono puntati a terra invece che verso il mare. Quel macabro edificio era una fine – nel forte arrivavano migliaia di schiavi dal profondo del continente africano – e un inizio perché da lì cominciava il viaggio verso le Americhe. Fine e inizio in comune però conservavano un orrore disumano (o forse troppo umano). I cannoni servivano per difendersi da eventuali attacchi da terra da parte delle tribù per liberare la loro gente e credo sia l’unico forte al mondo i cui cannoni non guardino il mare.

L’Atlantico è mare occidentale anche se, visto che la Terra è rotonda, questa definizione non ha di fatto molto senso. Unisce però la vecchia Europa e il nuovo mondo americano e per secoli è stato determinante mentre oggi il suo posto lo ha preso il Pacifico, dove affacciano Russia, Cina, Giappone, Usa e tutti quegli altri Paesi emergenti. L’Atlantico però resta nel cuore perchè è storia che appartiene a questa nostra cultura. È il mare dell’Ulisse di Dante, è il mare di Colombo e dei Fenici, dei Vichinghi e dei Normanni, dei portoghesi e degli spagnoli alla ricerca di mappe attendibili. È il mare che torna tragico oggi, ancora sotto il segno del Titanic, ma per noi anche dell’Andrea Doria e della sua storia di eroismi marinareschi e di viltà politiche. Insomma l’Atlantico è l’Atlantico anche quando ti capita di passeggiarci sopra.

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