Logbook 312 – I Vergini e Tuleto

L’ascensore fermo non é un problema. Se sono tre e sono tutti fermi, ci vuole pazienza. Se però gli studi della radio sono al dodicesimo piano e sei a corto di fiato già di tuo in questi giorni, serve in più anche una buona fortezza d’animo, la antica fortitudo. E se si aggiunge che non sono neppure le sei di mattina, mentre con Antonio vi arrampicate lassù senza neppure il primo caffè della giornata, la cosa potrebbe complicarsi ma sia lui che io ne abbiamo passate di peggio. Arriviamo stremati ma arriviamo e mi accascio nello studio sotto gli occhi di Maradona che, alla parete, palleggia di testa indifferente al nostro sforzo atletico.

La colazione poi la recuperiamo anche con Marco (che al mixer fa i salti mortali per rendere ascoltabile la voce da mostro che esibisco in questi giorni) dopo la trasmissione al bar, l’ultimo di Via Duomo prima del Varco Pisacane, e la recuperiamo con gli interessi. 

In prospettiva ora ci sarebbe il MANN, lo storico museo archeologico napoletano, quindi ti avvii fra vicoli e clacson e grida di varia natura verso il vecchio palazzo nato come caserma di cavalleria svariati secoli fa. Tagli per Vicolo del fico Purgatorio ad Arco é cuore del cuore di Napoli. A Napoli devi girare a piedi, se hai buone scarpe e occhi attenti. Se tu rispetti, Napoli ti rispetta e questa é una regola ferrea. Ti guardano e capisci che sanno tutto di te anche se non ti hanno mai visto. Non a caso questa é l’unica città dove i parcheggiatori riconoscono a occhio una cravatta di Hermes, per intendersi. Il Vicolo del Fico Purgatorio é stretto, lungo e sai che stai passando su una Napoli antica. Sfiori la vecchia chiesa famosa delle anime pezzentelle, che per tradizione in città per é una specie di cabina telefonica mistica che collega i vivi con i propri morti, almeno quando c’è segnale. Ovviamente non vedo fichi da nessuna parte ma era immaginabile.

Il MANN é spettacolare nella sua grandezza, Anna me lo aveva detto. Gli affreschi pompeiani sembrano fotografie, le enormi statue a loro volta sembrano sacrificate in sale che pure sono ben grandi. Da Alessandro a Tiberio, da Marco Aurelio giovane al sorriso vivissimo e ironico di Domiziano, che torna in ogni suo busto presente, gli imperatori o presunti tali affollano i corridoi. Il gabinetto segreto (che, ormai da tanto tempo, segreto non è più) si rivela ben poca roba che forse avrebbe potuto turbare i nostri tredici anni ma già non certamente più i nostri quindici. Il grande mosaico di Alessandro purtroppo é in restauro ma da vedere c’è tanto, forse troppo come sempre nei musei italiani dove dovresti passarci giornate intere per capirli 

Esci e finisci, sfiorando la Sanità, ai Vergini, e Napoli é lì da qualche millennio. Era una setta, questi Vergini, il cui nome originario era eunostidi,  antichissima confraternita fra le molte che c’erano nella Napoli greca. Gente che rifiutava qualsiasi contatto con le donne e pare con il sesso in generale. Così, passi da un vicolo a un altro, da un basso a un altro, sempre pensando se poi a ben vedere quella non fosse una furbata e non si risparmiassero così tutta una serie di rotture di balle ma alla fine concludi arrivando a Piazza Dante che meglio così. Stiamo come stiamo, insomma, che va bene, nonostante le donne siano come siano. 

Scendi per Tuleto, la strada di Libero Bovio e di Eduardo, che porta al mare, in questi giorni forza zero e molte barche a vela, a ridosso del porto. Via Toledo é lunga. Dei tavolini davanti alla casa napoletana di Gioacchino Rossini ispirano una sosta gastronomica, visto che é ormai ora di pranzo. Ti sorprendi mentre mangi, a chiederti come reagirebbe qualsiasi pizzeria napoletana se ti venisse in mente di chiedere una pizza alla Rossini con la maionese e l’uovo sodo sopra. Non é probabile che Rossini la abbia inventata a Napoli – sempre che l’abbia veramente inventata lui – altrimenti avrebbe rischiato con ogni probabilità un linciaggio.

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