Dispiace non essere a Genova in questi giorni. Il Salone Nautico lo ho frequentato a lungo negli anni passati. Un capitolo di Boatpeople è dedicato tutto al Salone genovese e ricordo che mi divertii moltissimo mentre lo scrivevo. Poi, quando la crisi ha picchiato duro fra le barche sospese nei corridoi del Salone o all’ormeggio in attesa di visitatori che non arrivavano, la voglia è un po’ passata con un velo di malinconia. Le cose sono quindi tornate a essere come dovevano e il Salone è tornato a fare il pienone. Insomma, quest’anno a poterlo fare, ci sarei andato volentieri.
Sono tempi infatti in cui la nautica italiana riprende con forza e Genova ormai è a un passo dallo scavalcare Francoforte, con cui è sempre stata in competizione come miglior Salone mentre in Italia da Venezia a Napoli si rincorrono altri Saloni significativi che mettono le barche al centro degli eventi. Sono peraltro ormai due anni che qualsiasi cosa galleggi si vende a peso d’oro, dopo anni di stasi, e c’è chi sostiene che le epidemie abbiano fatto scoprire e riscoprire una vacanza fra pochi.
Può essere, ma quello che realmente non può essere riguarda un Paese praticamente immerso nel Mediterraneo, che ha oltre ottomila chilometri di coste, una tradizione marinara di tremila anni e via di seguito e tuttavia non non abbia il mare inchiodato al centro della vita quotidiana, nella politica, nella cultura, nell’economia. Continuiamo a mandare su gomma container mentre sarebbe molto più semplice e sicuro valorizzare le arterie del mare, che una politica demenziale ha devastato. Certo, se a Torino invece di fabbricare auto e camion si fossero fabbricate navi, la cosa sarebbe forse andata diversamente ma si tratta di spazi che il mondo del mare ha ceduto o non ha saputo difendere.
Genova per il diporto può fare molto. Le industrie italiane sono il top della cantieristica di lusso, artigianato di altissimo livello e quando l’artigianato raggiunge quei livelli, non esiste roba di serie che possa competere. Il Ministero del Mare è certamente una buona cosa ma non basta e non può essere valutato se non da futuri fatti concreti e positivi. La prossima Coppa America potrebbe aiutare, se magari i veicoli tornassero a somigliare a delle barche. Soprattutto però a determinare il vero cambiamento sono e saranno sempre le associazioni, i circoli e tutto quel mondo, quelle persone che vivono ogni giorno a contatto con il mare per lavoro o per il piacere di viverlo.
