Gennaio 1991 a Tel Aviv le bombe cadevano solo appena arrivava il buio. I satelliti a quei tempi funzionavano solo di giorno e appena calava il sole, la città si trasformava. Durante il giorno la vita sembrava normale ma poi dal tramonto arrivava la paura. Gli Scud iracheni – i più scrausi fra i missili che siano mai stati costruiti – non erano molto precisi, sbagliando addirittura città, ma facevano comunque vittime e danno ogni sera.
Di giornalisti italiani a Tel Aviv che frequentavano la sala stampa al piano terra dell’Hilton in quei giorni c’eravamo solo Mimmo Lombezzi e io mentre gli altri avevano preferito il King David e Gerusalemme. Alle otto di sera arrivava un giovane generale dell’Esercito che spiegava la situazione con assoluta freddezza e cognizioni di causa. Le Forze Armate israeliane sanno da sempre che i media sono un sistema d’arma a tutti gli effetti e quindi formano con molta attenzione i loro esperti già dalle Accademie militari. Il giovane generale raccontava la giornata ogni sera in diretta tv ai giornalisti presenti, spiegando anche perchè Israele non reagisse agli attacchi. Reagendo avrebbe infatti compattato il mondo arabo, che poi era esattamente quel che volevano i missili di Saddam. La gente capiva e accettava, nonostante i morti e i feriti nonchè i costi che gravavano non poco sulle loro tasse per le spese militari.
Passai i giorni così, raccontando ogni sera cosa succedeva a Tel Aviv. Tempi in cui non c’erano social e telefonini e chi a Roma aveva familiari lì, restava attaccato a quei lunghi collegamenti telefonici che Teleroma 56 mandava in onda. In studio Massimo Caviglia – che sapeva bene cosa voleva dire tutto quello – o Giancarlo tenevano lo studio insieme a Antonello, Gaia, Sergio e gli altri. Anni dopo mi capitò un paio di volte, cenando in Ghetto, di vedermi arrivare al tavolo una ottima bottiglia di vino offerta da persone che quelle sere aspettava con ansia dalla mia voce di sapere cosa succedeva ai suoi familiari laggiù. Le loro parole in quelle occasioni – più del vino – mi riscaldarono il cuore.
Oggi Israele è di nuovo in guerra a tutti gli effetti. Di nuovo la sua gente le si trova al centro di un attacco e di nuovo viene fuori quel razzismo occidentale che i pogrom hanno inchiodato nel suo DNA. Gli ebrei colpevoli di tutto, è idiozia conclamata e che ha già sparso troppo sangue mentre si accetta con indifferenza la minaccia ormai antica della cancellazione di un intero Stato e di un intero popolo.
Nel 1988 Marco a Gerusalemme, dove si tenne un Consiglio Federale del PR, ribadì ancora una volta con estrema forza la necessità che Israele entrasse nell’UE. I giornali israeliani rilanciarono la proposta e la maggioranza della popolazione dai sondaggi risultava in piena sintonia con lui. Aveva ragione e per questo – come accadde per la campagna contro la fame in Africa che forse avrebbe evitato il grande cimitero del Mediterraneo e le fughe dagli orrori dei regimi africani degli ultimi anni – non ebbe ascolto nè dalla politica europea nè da quella italiana e conseguentemente dai relativi reggicoda mediatici. La mancanza di coraggio europea è peraltro storica, riscattandosi solo quando la tragedia è all’ultimo atto.
Sarà interessante vedere i partiti e i media europei controllati da Putin e dal KGB come si muoveranno ma una cosa pare acquisita almeno in Italia, Sarà importante vedere gli schieramenti politici anche se parlare di “destra” e “sinistra” è ormai anacronistico oggi e sarebbe un po’ come parlare di garibaldini o di borbonici. Facciamocene una ragione e prendiamone finalmente atto mentre ringraziamo Dio o chi per lui che al Quirinale oggi ci sia non a caso una persona come Sergio Mattarella.
