Logbook 267 – Il Conte e la finestra nel pozzo

Pomeriggio tranquillo e allora può starci un salto a San Leo, a pochi minuti da casa. Parcheggiamo poco distante dal duomo e entriamo. Luigi, rigorosamente abitudinario,  se ci sono in giro candele con la fiamma, una almeno per tradizione la accende. Questa chiesa poi la conosce e non fatica a trovare la mamma e il bambino davanti al quale accenderla. Ci sediamo qualche minuto per riprendere fiato poi usciamo e, alzando gli occhi, vedo la fortezza. La memoria mi suggerisce che, nel suo grande muraglione, c’è una piccola finestra, anche se non riesco a distinguerla.

Da quella finestra del pozzo in cui lo hanno calato e dove rimane per quattro anni, fino alla sua morte, il Conte di Cagliostro può vedere soltanto quel duomo, giorno e notte, notte e giorno, soltanto il duomo. Viene quindi da pensare come questa chiesa – bellissima capolavoro del romanico – possa essere invece diventata ossessione per lui, aggrappato alla piccolissima finestra della cella, nata in origine come stanza del tesoro.

A ben vedere, Giuseppe Balsamo sarebbe oggi uomo di successo. Fantasia, un insieme di furbizia e avventura condita con un pizzico di intelligenza e molto senso dello spettacolo, é uomo di questi tempi, tempi di chiacchiere, bluff e follia. Sapeva convincere e ottenere quel che voleva ma non sapeva fermarsi, come spesso accade a soggetti del genere.

É di oggi un uomo che dice di sé “io non sono di nessuna epoca e di nessun luogo; al di fuori del tempo e dello spazio, il mio essere spirituale vive la sua eterna esistenza e se mi immergo nel mio pensiero rifacendo il corso degli anni, se proietto il mio spirito verso un modo di vivere lontano da colui che voi percepite, io divento colui che desidero”. Tempi indiscutibilmente da Cagliostro, questi in cui ci capita di vivere.

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