Logbook 268 – La terra dell’ottimismo

I romagnoli sono malati da sempre di una malattia preziosa e fuorimoda che si chiama ottimismo. É nel loro DNA e consente loro di realizzare cose impensabili nel bene e qualche volta nel male. In fondo sono da invidiare, fosse solo per questo.

Stamattina il mare é forza olio e lo guardo con una sorta di rabbia perché vorrei essere a bordo per mare. Verissimo, certo, quel che scrive Seneca a proposito dei marinai del bel tempo, sintetizzato come sempre felicemente a Napoli – dove il mare é ben conosciuto – con la rasoiata definitiva del “quann’o mare é calmo ogni strunz é marenaro”. 

Vero é anche però che chi va per mare sa apprezzare il bel tempo e un po’ di vento, memore del fatto che il mare lo rispetti evitando i rischi. Poi se capita – e capita perché capita – di trovarti con il maraglione, pazienza e fai quel che puoi, con l’aiuto di tutti gli dei del mare.

In sintesi, un caffè al bar del marina e sulla spiaggia un ragazzo cammina sicuro, una tavola da surf sotto il braccio, con un mare del genere, fermo nel nulla dell’orizzonte scomparso. Siamo in Romagna e l’ottimismo dovrebbe essere venduto come la piada ai turisti. Tempi in cui andrebbe a ruba.

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